Freedom hospital. Una storia siriana / Hamid Sulaiman; trad. dal francese di Marco Ponti; prefazione di Cecilia Strada. Torino: add editore, 2018.
Negli ultimi anni, dopo l'acquisto e la lettura di Io sono una (uno dei più bei graphic novel da me letti negli ultimi anni), ho scoperto e imparato ad apprezzare la casa editrice add, che in fatto di graphic novel propone una selezione di tutto rispetto. Ho letto così in sequenza prima Là dove finisce la terra (sulla storia del Cile, di cui attendo ansiosa la seconda parte) e poi Una storia cinese (il racconto della Cina dalla Rivoluzione culturale in poi da un punto di vista interno e privilegiato).
Conquistata da questi albi - la cui lettura considero uno dei modi migliori per porsi delle domande e comprendere meglio storie e vicende di paesi lontani dal nostro - ho deciso di comprare anche Freedom hospital di Hamid Sulaiman, un fumettista siriano nato nel 1986 che ora vive in Francia.
Il motivo che ha spinto Sulaiman a scrivere e disegnare questa storia nasce dall'essersi reso conto che in Occidente la gente sa pochissimo della guerra in Siria e soprattutto non ne comprende in alcun modo le dinamiche. Per fare un po' di chiarezza e raccontare la guerra dall'interno (un po' come fa Waad al-Kateab nel documentario For Sama), Sulaiman sceglie di parlare del Freedom hospital, l'ospedale clandestino che Yasmine, una pacifista siriana, ha deciso di aprire a Houria (una città inventata nel nord della Siria) per realizzare il sogno di suo padre.
A raccontare la storia del Freedom hospital arriva Sophia, una giornalista siriana che vive a Parigi e che affianca Yasmine nella sua lotta quotidiana per mantenere aperto l'ospedale e proteggerlo dagli attacchi e dai tentativi di chiuderlo. L'ospedale di Yasmine ha la particolarità di accogliere tutti coloro che hanno bisogno di cure, indipendentemente dalla loro religione, dalle opinioni politiche, dalle posizioni rispetto alla guerra. È così che il Freedom hospital diventa una specie di piccolo laboratorio dove si sperimenta una faticosa convivenza tra mondi diversi e spesso non comunicanti tra di loro, spesso contrapposti con le armi.
La complessità della situazione siriana e la molteplicità delle fazioni contrapposte, nonché delle interferenze internazionali sulla guerra, rendono però l'azione di Yasmine sempre più difficile e rivelano le basi fragili di questa utopia.
La guerra e l'odio infatti tendono a radicalizzarsi e invadere qualunque spazio, anche quelli in cui si vorrebbe invece alimentare la speranza della fine del conflitto e la prospettiva di un futuro di pace. A Yasmine - come ad Hamid Sulaiman - sembra importare poco dei torti e delle ragioni di ciascuno dei contendenti, avendo come massimo interesse la fine delle ostilità e la fine degli orrori e delle brutture del conflitto.
Attraverso un disegno fortemente stilizzato e un uso del bianco e nero molto contrastato, Sulaiman sembra voler sottolineare da un lato le contrapposizioni, dall'altro le sovrapposizioni e le mescolanze, che rendono l'interpretazione dei meccanismi di questa guerra particolarmente difficile.
Non sono sicura che si esca dalla lettura di Freedom hospital sapendone di più sulla guerra in Siria o avendo capito meglio le sue caratteristiche; certamente però all'ultima pagina si è vieppiù consapevoli dell'assurdità e della follia umana che si nasconde dietro questa guerra e dietro tutte le guerre, come scrive a chiare lettere Cecilia Strada nella prefazione.
Voto: 3/5
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