Le signorine di Concarneau / Georges Simenon; trad. di Laura Frausin Guarino. Milano: Adelphi, 2013.
Devo ammettere che non ho mai letto nulla di Simenon, e che questa prima lettura è stata ispirata dal fatto che avevo in quel momento in programma un viaggio in Bretagna, dunque mi faceva piacere leggere un racconto ambientato in uno dei paesi che avrei visitato.
Così, praticamente per caso, sono finita su questo noir di Simenon che racconta la vicenda di Jules Guérec, un quarantenne celibe, proprietario di due pescherecci, che vive nella casa familiare insieme alle due sorelle Céline e Françoise, anch'esse non sposate (a differenza della terza sorella, Marthe, che invece si è sposata con un funzionario pubblico) e che gestiscono un negozio di corde e pellami che occupa una parte della loro stessa abitazione. Si tratta di una famiglia borghese benestante, ma nella quale vigono ferree regole di condotta personale, spesso a scapito della felicità e della realizzazione individuale.
In particolare, Jules è costantemente sotto il controllo delle sorelle, soprattutto di Céline che sembra avere un vero e proprio sesto senso nel riconoscere le bugie del fratello.
Quando una sera Jules, tornando da Quimper, investe un ragazzino e non torna indietro a verificare cosa gli sia successo, all'interno della famiglia Guérec qualcosa cambia per sempre.
Nonostante Jules decida di non raccontare niente alle sorelle e le indagini non riescano a risalire a lui, si innescano alcuni meccanismi che fanno emergere rancori sepolti sotto la cenere e desideri frustrati, cosicché gli equilibri sclerotizzatisi nel tempo cominciano a scricchiolare fino alla deflagrazione finale.
Ne viene fuori il ritratto di nucleo familiare asfittico, che si muove all'interno di un contesto sociale piccolo e provinciale, nel quale le differenze sociali ed economiche sono rilevanti e le prospettive individuali sono limitate. D'altra parte, l'evoluzione della storia dimostrerà che questi personaggi, al di fuori del contesto dal quale provengono, sono pesci fuor d'acqua, incapaci e forse nemmeno veramente interessati a cogliere le opportunità che altri mondi sembrano aprirgli, in quanto perfettamente interni e coerenti con le loro radici.
L'evento che è al centro della narrazione è dunque per Simenon semplicemente un appiglio per raccontare un contesto ambientale e umano del quale ci restituisce umori, odori e colori (o assenza di colori) in maniera estremamente vivida, nonché l'occasione per andare a esplorare le complessità della mente umana e il rapporto non univoco tra i singoli e le collettività cui appartengono.
Diciamo che pur non essendo stata per me una lettura illuminante, ho apprezzato molto lo stile e forse un piccolo seme è stato gettato per approfondire la conoscenza di Simenon.
Voto: 3/5
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