Sono andata a vedere l’ultimo film di Pietro Marcello un po’ prevenuta, perché ricordavo chiaramente la sensazione di spaesamento e di parziale insoddisfazione che avevo provato all’uscita dal cinema dopo la visione di Martin Eden.
Questo film, come ci dice nell’incontro al termine della proiezione il regista in persona - che si definisce primariamente archivista e documentarista, prestato in alcune occasioni alla fiction - , segue lo stesso metodo del precedente e sostanzialmente di tutti i suoi film.
I punti di continuità con Martin Eden sono numerosi: innanzitutto l’ispirazione che arriva da un testo letterario (in questo caso l’ancor meno conosciuta novella omonima di Aleksandr Grin, scrittore russo vissuto a cavallo tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento); in secondo luogo la scelta di riadattare il testo sia in riferimento all’ambientazione (siamo in Piccardia, Francia, e non in Russia) sia rispetto alla narrazione, certamente modernizzata nel linguaggio e anche parzialmente nella trama; ancora, nelle scelte tecniche, in particolare la mescolanza di immagini di repertorio e di girato contemporaneo che vengono quasi fusi l’uno nell’altro, nonché l’uso della pellicola con l’effetto grana grossa nell’immagine e il formato 4:3; infine, nelle scelte visive che anche in questo caso risultano intrinsecamente pittoriche.
Dalla novella di Grin Pietro Marcello tira fuori la storia di una donna, Juliette (Juliette Jouan), rimasta orfana di madre, che cresce in una strana famiglia ricomposta, formata dal padre tornato dalla guerra, Raphaël (Raphaël Thierry, un volto e delle mani straordinarie) , dalla vedova Adeline (Noémie Lvovsky) e dalla famiglia del fabbro che vive nella stessa fattoria. La ragazza dovrà affrontare lo scherno e i pregiudizi della gente del villaggio che guarda con sospetto questo strano nucleo “familiare”, in cui Adeline è sospettata di praticare arti magiche, e Raphaël, nonostante le sue qualità di artigiano, è continuamente espulso dalla comunità. Sarà un ragazzo della città, Jean (Louis Garrel), pilota di aerei e avventuriero, a conquistare il cuore della ragazza, ma – in un chiaro capovolgimento di una fiaba classica – è Juliette a salvare lui e non il contrario.
All’interno di questo impianto fiabesco, in cui anche la musica ha un posto centrale (Juliette compone, suona e canta), tanti temi sociali trovano posto, non ultimo una specie di femminismo ante litteram, che – ci dice il regista – non è stato voluto per fare del film un manifesto, ma semplicemente perché è totalmente interno alla sua poetica e al suo modo di vedere le cose.
Gli attori, soprattutto Juliette Jouan e Raphaël Thierry, bucano davvero lo schermo, e la storia è leggera ma al contempo profonda e commovente, cosicché ci accompagna senza fatica nel suo svolgimento.
A questo giro – e nonostante il mio voto finale sia uguale a quello per Martin Eden – la mia promozione di Pietro Marcello è molto più convinta.
Voto: 3,5/5
Condivido su Martin Eden, io addirittura sono uscita dalla sala, cosa che mi capita raramente, ma è successo, mi sono annoiata terribilmente, l'ho trovato un prodotto ' vecchio', non saprei come spiegartelo, forse non ho capito la necessità di portare quel racconto sullo schermo, non oggi, non in quel modo.
RispondiEliminaTerrò presente questo tuo parere allora, generalmente tendo a fidarmi poco se sono rimasta delusa e non ho visto altro dello stesso regista, mi sembra un prodotto particolare questo. 👍
Posso capire la tua reazione a Martin Eden. Però io tendo quasi sempre a dare una seconda possibilità. In questo caso alla fine ho fatto bene. Cmq non ti aspettare qualcosa di completamente diverso. Stile e metodo sono quelli. Però a me questo è risultato più interessante e godibile.
EliminaMa scusa, se Martin Eden non ti aveva convinto com'è che gli hai messo lo stesso voto? :) che poi è un buon voto...
RispondiEliminaa me sono piaciuti entrambi, Marcello è un poeta del cinema
Hai ragione... quando ho visto che voto avevo messo mi sono meravigliata anche io. Ho pensato che dopo averlo visto avrei voluto dare 3/5 ma mi sono resa conto delle qualità del regista e non me la sono sentita. Per tra i due ho apprezzato di più quest'ultimo.
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