La morte di Raffaele La Capria risale al giugno 2022, quando lo scrittore aveva quasi cento anni e alle spalle una lunghissima carriera nell'ambito della letteratura e della sceneggiatura. Uno dei primi e più significativi momenti della sua carriera è stata la scrittura del romanzo Ferito a morte, per la cui pubblicazione La Capria si rivolse a più riprese all'editore Bompiani, fino a quando Valentino non solo accettò di pubblicare il testo entusiasta ma gli disse di accelerare i tempi per partecipare al Premio Strega di quell'anno, che poi effettivamente La Capria vinse.
È a questo primo grande successo che Roberto Andò ha deciso di tornare con questo lavoro teatrale, affidandosi a Emanuele Trevi per l'adattamento del testo, a una compagnia di attori di grande qualità e alle scene e luci di Gianni Carluccio.
L'allestimento è effettivamente di grande impatto visivo: palco "abitato" - in alcuni passaggi - sia al piano di sotto che al piano di sopra, rappresentanti ambientazioni differenti, stanze e ambienti che si aprono e avanzano dal retro del palco, specchi a terra e sul "soffitto" del palco su cui vengono proiettate delle immagini, in particolare quella dello sciabordio delle onde sulla spiaggia, creando un effetto molto suggestivo. Per non parlare della scena iniziale che crea l'impressione che tutto sia sotto l'acqua.
Sul palco il protagonista del romanzo, Massimo, ormai adulto (Andrea Renzi), che dalla stanza della città dove ora vive ricorda i tempi della giovinezza a Napoli con i suoi amici borghesi e sbruffoni.
Siamo nel dopoguerra, la città è ancora piena di macerie, ma questi giovani pensano a divertirsi e sembrano rifuggire all'idea di diventare adulti e di assumersi le loro responsabilità.
Dopo un mio iniziale tentativo di seguire la narrazione, dopo non molto mi perdo tra i personaggi e le chiacchiere tra di loro e faccio fatica a seguire. Di tanto in tanto vengo catturata da qualche personaggio (gli attori sono tutti bravissimi), o da qualche invenzione scenica, ma non riesco più a riacchiappare il filo del discorso se non nella parte finale. Non riesco nemmeno a capire bene le distanze temporali tra i vari momenti, che per me potrebbero essere abbastanza lontani nel tempo o ravvicinati.
Solo leggendo la trama del romanzo, riesco a posteriori a dare un senso a quello che ho visto.
Non ho letto Ferito a morte e posso dunque ipotizzare che neppure il libro abbia una struttura fortemente narrativa ma punti invece al ritratto sociale di tipo impressionistico. E da questo punto di vista l'impressione visiva che Andò suggerisce, quella di guardare dei pesci che si muovono più o meno disordinatamente in un acquario (ossia in un luogo autoreferenziale) è estremamente precisa ed evocativa. Posso però immaginare quanto difficile sia stato in generale tradurlo in un linguaggio diverso e sicuramente più rigido rispetto alla parola scritta come è il teatro.
Non sono del tutto in grado di dire se la scommessa sia stata vinta oppure no. Io ne sono uscita un pochettino frastornata.
Voto: 3/5
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