Negli ultimi anni ho un atteggiamento ambivalente verso Emma Dante: tanto mi risultano deludenti i suoi film quanto invece apprezzo le sue opere teatrali. Cosicché Pupo di zucchero, già rappresentato in diversi teatri italiani lo scorso anno (ma non a Roma), è stato fin subito sulla mia lista degli spettacoli da vedere a teatro quest'anno.
Come già con La scortecata, la regista siciliana attinge a un libro che è una vera e propria miniera di storie, e che ha ispirato moltissimi adattamenti in tanti linguaggi diversi, ossia Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile.
In questo caso la storia è perfetta per i giorni a ridosso del 2 novembre, perché è proprio dedicata al tema della memoria dei propri cari. Il protagonista (interpretato da Carmine Maringola) è un anziano che vive da solo e sta facendo lievitare l'impasto con cui preparerà come ogni anno il "pupo di zucchero", un dolce che nella tradizione palermitana viene realizzato appunto per i defunti e che qui si fonde con la tradizione napoletana del culto delle anime del purgatorio.
Durante questa preparazione il protagonista - che non nasconde il suo senso di solitudine - richiama alla memoria e "riporta in vita" frammenti di storie riguardanti i familiari che non ci sono più e che invece un tempo animavano la sua casa ormai vuota.
Vediamo così rivivere sul palco le tre sorelle con i loro canti e balli, il padre marinaio che a Marsiglia conosce e sposa la madre e la porta poi a Napoli, Pasqualino, un ragazzo di colore cresciuto come un figlio dai suoi genitori, la zia Rita ammazzata di botte dal suo compagno, il torero Pedro.
Tutti questi personaggi accendono il palcoscenico di suoni, colori, immagini e storie che riempiono di vita la notte dei morti e accompagnano il protagonista verso la giornata successiva, quella in cui andrà a rendere omaggio ai suoi cari al cimitero.
Lo spettacolo di Emma Dante racconta una storia che contiene tante storie, e lo fa nel suo modo speciale, che io apprezzo particolarmente: una scenografia minimale, in cui con pochissimi oggetti si stimola l'immaginazione dello spettatore e si creano mondi, un uso straordinario delle luci, fatte interagire con elementi della scena, dai vestiti di strass alla farina in aria, per creare effetti visivi molto affascinanti e di grande impatto emotivo, l'uso di canzoni tradizionali cantate dal vivo senza alcun accompagnamento che si mescolano e si sovrappongono alle parole, i cambi di ritmo con accelerazioni improvvise e frastornanti e rallentamenti che aiutano a sedimentare i contenuti.
Certo, il rischio è che la Dante - una volta trovata una formula di successo - la ripeta all'infinito o addirittura la carichi ulteriormente fino a renderla nel tempo stucchevole. Personalmente mi auguro che non accada e che lei sia capace di continuare a sorprenderci con nuove invenzioni e soluzioni sceniche.
Voto: 4/5
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