Il nuovo film di Ruben Östlund sembra riprendere le fila dei suoi ultimi due lavori, Forza maggiore e The square, proseguendo nella sua personale indagine sulle contraddizioni dell'essere umano contemporaneo sia come individuo (tema primario di Forza maggiore) sia come parte della società (oggetto di The square). Ovviamente questa indagine non è condotta con lo sguardo oggettivo e asettico dello studioso, bensì con l'approccio irriverente e feroce di un cineasta che film dopo film sembra aver trovato nel linguaggio sarcastico e grottesco la sua cifra dominante.
Alle giurie di Cannes tutto questo sembra piacere molto, tanto che con Triangle of sadness Östlund ha fatto il bis della Palma d'Oro già ottenuta con The square.
Il film si articola in tre parti, che potrebbero anche essere considerati ciascuno un mediometraggio ma che sono collegati da una continuità narrativa. Nella prima è protagonista una coppia di modelli, Yaya (Charlbi Dean Kriek) e Carl (Harris Dickinson), che finiranno la serata con una discussione su chi debba pagare il conto del ristorante e in generale sui rapporti di forza tra di loro basati sul denaro. Nel secondo "episodio" i due sono su uno yacht per una crociera extralusso, circondati da ricconi di varia provenienza, con giornate che trascorrono tra richieste assurde al personale di bordo e sollazzi di vario genere, fino alla tempesta che ribalterà tutti gli equilibri e finirà tra il vomito e la merda, e gli annunci "socialisti" del capitano alcolizzato (Woody Harrelson). Nella terza parte i sopravvissuti al naufragio, tra cui la coppia protagonista, si ritrovano su un'isola apparentemente deserta, dove l'unica persona capace di procacciarsi e procacciare del cibo, ossia la responsabile delle pulizie dello yacht, finisce per dare ordini a tutti e diventare la leader della situazione.
Come già avevo osservato per The square, Ruben Östlund tende a essere un po' bulimico, e dunque anche se ritengo che qui il tema principale sia quello del potere (legato ovviamente ai soldi, ma non solo e non necessariamente), in realtà sul piatto c'è molto altro, una critica a tutto tondo alla decadenza della civiltà occidentale, che però a tratti sembra strabordare come la merda che esce dai water durante la tempesta.
Mi pare che Östlund cerchi in maniera sempre più marcata l'eccesso e punti a trascinare lo spettatore in una risata che è al contempo sfacciata e amara, non solo e non tanto perché i temi trattati, pur essendo trasformati in farsa sono drammatici e talvolta inquietanti, ma anche perché la catarsi dello spettatore è solo apparente, dal momento che il ribaltamento della realtà messo in scena dal regista funziona solo sullo schermo, ma non intacca minimamente la realtà.
In conclusione, non sono tanto alcune incongruenze narrative a lasciarmi perplessa (credo che possano essere accettabili in un film che non punta davvero a essere realistico), quanto la tendenza sempre più evidente di Östlund a calcare la mano, a pigiare il piede sull'acceleratore e a travolgere lo spettatore con un profluvio di input in cui ognuno evidentemente trova qualcosa di interessante, ma che forse manca di un vero centro.
Comunque un film che certamente non va persa l'occasione di vedere.
Voto: 3,5/5
Non sono ancora riuscito a vederlo (qui al mio paesello non è arrivato) però devo dire che qualche dubbio ce l'ho: due Palma d'oro consecutive per Ostlund mi sembrano un'esagerazione... avevo apprezzato "Forza maggiore", molto meno "The Square" (per me un clamoroso esercizio di stile). Questo non saprei: riesci a togliermi il pregiudizio? :)
RispondiEliminaCiao Kris, credo che tu debba vedere il film. Ma penso che purtroppo confermerà in parte il tuo pregiudizio. Per me il film migliore e più sincero di Ostlund resta Forza maggiore. Lui adesso ha preso una strada che inevitabilmente risulta un po' forzata pur affrontando con arguzia temi molto interessanti. Cmq mi dirai quando lo vedi :-)
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