Del teatro di Milo Rau avevo già fatto esperienza in passato, sempre nell'ambito del Romaeuropa Festival, con gli spettacoli Orestes in Mosul e La rivolta della dignità, e a suo tempo avevo molto amato il primo, mentre ero uscita profondamente perplessa dal secondo.
Arrivo dunque alla partecipazione a questo nuovo spettacolo da un lato preparata a un teatro in cui le storie si mescolano e si giustappongono in maniera non sempre intellegibile e in cui l'immagine ripresa si interseca o si sovrappone a quanto accade sul palco, dall'altro preoccupata di quello che mi attende.
Sul palco la scenografia ci mostra l'interno di una casa con le sue diverse stanze. Al di sopra una grande schermo che mostra il primo piano di una donna anziana sorridente ripresa da una telecamera e che di fatto ci guarda con benevolenza.
Scopriremo poi che la donna è Johanna, un'anziana che Milo Rau e il cast dello spettacolo hanno incontrato durante la preparazione di una serie di spettacoli dedicati alla vita privata: la donna ha scelto l'eutanasia a 85 anni, dopo lunghi anni di una malattia cronica, e ha accettato di farsi riprendere in alcuni momenti di questo percorso.
Sul palco quattro personaggi senza nome, interpretati da Arne de Tremerie, Anne Deyglat, Staf Smans, Princess Isatu Hassan Bangura, che non sembrano avere alcuna relazione tra di loro, ma si cedono la parola e si alternano, raccontando nella loro lingua (fiammingo, olandese, inglese) storie personali di dolore, e non solo.
Talvolta i loro racconti sono enfatizzati dall'accompagnamento musicale dal vivo di Clémence Clarisse ovvero dalla ripresa dei loro primi piani rilanciati sul grande schermo dalla telecamera presente sul palco.
Da questi racconti non veniamo a sapere poi molto di queste persone, al massimo intuiamo delle cose che vanno al di là delle loro parole, come nel caso del personaggio di Staf che è un malato terminale e forse anche lui ha intenzione di ricorrere all'eutanasia.
Lo spettacolo prosegue invero un po' piatto, fatta eccezione - a mio parere - per le immagini di Johanna quando era ancora viva. Non a caso il momento emotivamente più forte è la ripresa della morte di Johanna, le sue ultime parole, il suo volto che trascolora e l'intervento successivo di chi lo ricompone per le esequie. Anche in questo caso è difficile dire quale sia l'intento di Rau e non a caso ognuno può interpretare questa scelta secondo la propria sensibilità e punto di vista, però non c'è dubbio che si tratti di una scelta dirompente (di fronte alla quale la persona seduta davanti a me scoppia a piangere).
Personalmente vado a casa con quell'immagine negli occhi; per il resto non molto altro mi è rimasto attaccato addosso e credo che scivolerà presto sia sul piano emotivo che su quello razionale.
Qualcuno più informato di me spiega molto meglio lo spettacolo e ne interpreta i significati, però se per esserne conquistati bisogna conoscere troppe informazioni che non passano attraverso di esso ho la sensazione che si faccia un'operazione soprattutto di carattere intellettualistico.
Voto: 3/5
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