Metti una serata di inizio autunno, quando le giornate hanno già cominciato a farsi incerte e la temperatura - soprattutto di sera - comincia a essere piuttosto bassa. Al Floating Theatre, il cinema galleggiante all'aperto allestito quest'anno a Villa Ada (non lontano da casa mia), danno Nostalgia, presentato dal regista Mario Martone. Non voglio perderlo, e pur di non perderlo rinuncio anche a una cena da Enzo al 29, dove volevo andare da tempo. L'allestimento è molto bello: schermo nel laghetto di Villa Ada e platea fatta di sedie a sdraio dove il film si ascolta con apposite cuffie per non essere disturbati dai rumori esterni.
La chiacchierata iniziale con Mario Martone è interessante. Il regista ci racconta i retroscena della decisione di girare questo film, decisione seguita all'acquisto dei diritti del libro omonimo di Ermanno Rea da parte di Medusa e giunta a maturazione proprio con lo scoppio della pandemia, cosicché durante il primo lockdown lui e sua moglie Ippolita Di Majo, che è anche la sua sceneggiatrice, hanno portato a termine la prima stesura per il film. Martone ci dice poi che la scelta di Favino è stata addirittura precedente alla scrittura della sceneggiatura, essendo maturata già durante la lettura del libro, e che le riprese sono durate un tempo contenuto (solo 6 settimane). Insomma un film in cui tutto è filato liscio, e che ora in sala sta dando grandi soddisfazioni in termini di pubblico. È inoltre di pochi giorni fa la notizia che Nostalgia sarà il film che rappresenterà l'Italia agli Oscar.
Ma andiamo a vedere di cosa parla questo film. Il protagonista è Felice (un sempre più bravo Pierfrancesco Favino che qui parla anche l'arabo e il napoletano), originario del rione Sanità dove non torna da quando aveva 15 anni. Da adolescente Felice era molto amico di Oreste, allora piccolo delinquente che trascinava anche Felice nelle sue scorribande, ora piccolo boss locale di camorra. Dopo una scorribanda a suo tempo finita male, Felice era stato portato via dallo zio, prima in Libano, poi in Egitto dove ha vissuto per 40 anni, facendo fortuna e sposandosi. Quando torna a Napoli per rivedere la madre ormai anziana, Felice ritrova un mondo che sulle prime gli sembra completamente estraneo, lui che parla meglio l'arabo che l'italiano, che ha abbracciato la religione musulmana e che vive nei ricordi di un passato ormai lontano. Il protagonista è però sorpreso al contempo dall'immutabilità di questi luoghi ("nulla è cambiato", dice a sua moglie) e anche dalla somiglianza e vicinanza che percepisce tra la sua città di origine e quella dove ha vissuto per la maggior parte della sua vita.
Felice si muove attraverso i vicoli del rione Sanità con un misto di ingenuità e consapevolezza, attraverso il quale a poco a poco compie un percorso di riappropriazione della propria identità (anche linguistica) che passa soprattutto attraverso la conoscenza di don Luigi (la figura ispirata a don Antonio Loffredo), un parroco impegnato a creare comunità su un territorio difficile, e l'incontro voluto e cercato a tutti i costi con Oreste Spasiano (Tommaso Ragno), simbolo di una giovinezza ormai perduta e incarnazione di un destino difficile da cambiare.
Le viscere di Napoli chiameranno Felice e lo spingeranno a restare e persino a comprare una casa dove vivere con sua moglie, ma il passato tornerà a chiedere il conto.
Film asciutto, ben scritto, con una bella fotografia. Direi un film quasi classico di cui non stento a comprendere i motivi del successo.
Voto: 3,5/5
Che spettacolo il cinema galleggiante! Non so cosa darei per esserci almeno una volta... qualsiasi film dessero! :) che fortuna vivere a Roma <3
RispondiEliminaVieni la prossima estate e ci andiamo insieme :-)
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