Il merito più grande di questo film è certamente quello di aver ritirato fuori dal cassetto una storia giudiziaria italiana che persino chi era adulto in quegli anni non ricorda o ricorda poco.
Si tratta della vicenda di Aldo Braibanti, un intellettuale - scrittore e poeta -, nonché partigiano, originario di Fiorenzuola D’Arda, omosessuale dichiarato che alla metà degli anni Sessanta venne portato a processo dalla famiglia di un ragazzo con l'accusa di plagio, nel tentativo di porre termine alla relazione tra i due. Non esistendo nel codice Rocco il reato di omosessualità, l'accusa fece ricorso a questo articolo in un clima di oscurantismo e bigottismo che portò alla condanna del Braibanti nel 1968 a nove anni di carcere, mentre il giovane iniziò un calvario tra cliniche e manicomi, tra elettroshock e altre folli terapie nel tentativo di "curarlo dal suo male".
Il titolo del film di Amelio nasce dal fatto che Braibanti era anche un appassionato mirmecologo e nella torre di Castell'Arquato - dove per alcuni anni organizzò laboratori di teatro e arte per i giovani - aveva anche delle teche in cui osservava e studiava le formiche.
Pur dichiarando di essere liberamente ispirato a fatti realmente accaduti, Il signore delle formiche è nella sostanza dei fatti abbastanza fedele agli eventi che caratterizzarono la vicenda Braibanti, sebbene la figura del giornalista dell'Unità interpretato da Elio Germano non corrisponda a un personaggio reale e serva ad Amelio soprattutto a muovere una critica aspra nei confronti del PCI e del suo giornale che secondo lui non presero chiaramente posizione in questa vicenda. In realtà, la lettura degli articoli dell'epoca (leggibili integralmente dall'archivio free online dell'Unità) sembrerebbe dire il contrario; certamente Amelio ha scelto, nella sua libertà di regista, di portare all'evidenza, ridimensionare o non ricordare affatto, a seconda dei casi, il ruolo di alcune personalità pubbliche e le loro prese di posizione durante il processo.
Al di là della correttezza storica nella ricostruzione della vicenda, che comunque probabilmente non ha del tutto senso ricercare in un'opera di finzione (altrimenti Amelio avrebbe fatto un documentario), per quanto mi riguarda la cosa che ho apprezzato di meno del film è il tono un po' troppo didascalico - a tratti quasi stucchevole - nella ricostruzione della vicenda, e una generalizzata percezione di modernità del contesto e soprattutto di alcuni personaggi.
Se Luigi Lo Cascio è sufficientemente dimesso - e a tratti anche antipatico - da rendere il suo personaggio tridimensionale e credibile, altri protagonisti e comprimari appaiono o un po' troppo monodimensionali fino al limite della macchietta (penso in particolare all'avvocato calabrese), oppure un po' decontestualizzati: penso al giornalista, pur interpretato da un Elio Germano sempre bravo, o alla giovane attivista (Sara Serraiocco) la cui evoluzione mi è sembrata un po' affrettata.
La scena finale è poi completamente implausibile, anche se giustamente la mia amica G. mi fa notare che probabilmente nelle intenzioni del regista si trattava di una scena onirica piuttosto che reale.
In conclusione, il film mi ha fatto venire tante curiosità (e questo è un suo merito), però cinematograficamente non mi ha convinto particolarmente.
Voto: 3/5
Ciao, devo dire che mi ritrovo parecchio nella tua esposizione e sul 'giudizio'. Didascalico è una parola che ho usato anch'io, e il personaggio di Elio Germano l'ho trovato, ehm...un po' caricaturale e non mi viene un termine diverso, fuori tempo e spazio per la descrizione prettamente 'estetica' che lo caratterizza.
RispondiEliminaUn film che Amelio ha raccontato essere autobiografico per le molte cose da lui stesso vissute. L'Unità da quanto ho letto ha difeso ma sembra non in modo così forte diviso da un'ipocrisia che è difficile confutare dall'esporsi ma non in modo drastico. Quanto ho letto.
La storia però mi ha commosso e giustamente meritava di essere raccontata. Esiste anche un documentario su questa storia.
I dialoghi poi sembrano un po' artificiosi, in particolare quelli tra Aldo e il giovane Ettore. Resta pur una bella testimonianza, ma è mancato qualcosa a questo film. Leonardo Maltese, il giovane comunque mi ha toccato davvero.
Un'amica mi aveva parlato del documentario su questa storia. Vedrò di recuperarlo, perché mi piacerebbe approfondire. Sul resto sono sostanzialmente d'accordo con te. Maltese - che alla prima scena mi aveva spaventato per una recitazione un po' finta - poi invece nel corso del film diventa sempre più vero e credibile. Grazie del tuo commento.
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