Quaderni giapponesi. Moga, Mobo, Mostri / Igort. Quartu Sant'Elena: Oblomov Edizioni, 2020.
Con questo terzo volume della serie dei Quaderni giapponesi (di cui erano già usciti il primo volume con Coconino Press e il secondo con Oblomov, la casa editrice fondata dallo stesso Igort), l'autore cagliaritano continua a farci scoprire i recessi meno noti della cultura giapponese, andando ben al di là dell'immagine stereotipata del Giappone che molte altre fonti occidentali privilegiano e ci propongono.
Come sa chi legge questo blog, il Giappone mi affascina particolarmente e buona parte del fascino risiede nelle sue profonde contraddizioni e soprattutto in una cultura e una società che solo apparentemente assomigliano a quelle occidentali, ma che invece hanno caratteristiche profondamente diverse al punto da risultare quasi incomprensibili a chi non vi appartiene.
Igort deve alla lunga frequentazione con il Giappone e con i giapponesi - e ad una passione smodata per questa cultura - una conoscenza non solo ampia e approfondita, ma anche ricca di sfaccettature e di contenuti.
In questo terzo volume, Moga, Mobo, Mostri, il fumettista si addentra nei meandri più oscuri di questa cultura, facendoci conoscere alcuni fumettisti e artisti giapponesi affascinati dal mondo del macabro e dell'osceno, e per questo da un lato tenuti ai margini della scena mainstream che spesso li ha disconosciuti e censurati, dall'altro lato diventati dei veri e propri cult all'interno di alcune nicchie sia all'interno del proprio paese che all'estero. Si tratta di nomi per me sconosciuti, alcuni appartenenti al passato, altri contemporanei (e incontrati dallo stesso Igort), di cui l'autore ci svela storia, aneddoti, complessità, e ci fa conoscere l'arte offrendoci anche dei saggi visivi, ossia delle sue reintepretazioni di loro opere o dei disegni ispirati al loro stile.
E, man mano che si procede in questa carrellata nel tempo, Igort ci rivela connessioni tra passato e presente, tra Oriente e Occidente, ed emerge prepotentemente la tensione sempre presente nella cultura giapponese tra un'apparenza molto pudica e puritana e un movimento più o meno sotterraneo di esplorazione delle perversioni e del limite, frutto di un rimosso collettivo che pesa come un macigno sui giapponesi, ma che trova - forse proprio per questo - strade e forme impensabili per il mondo occidentale.
Nel racconto Igort è attento però anche a mostrarci come in tutti gli aspetti della cultura giapponese, anche quelli underground e più ai margini, il legame con la tradizione resti forte, aiutandoci così a comprendere e a interpretare meglio cose che altrimenti valuteremmo - sbagliando - solo con i nostri parametri occidentali.
Mi pare che con questo terzo albo della serie, che conferma la scelta di uno stile originale fatto di una mescolanza di contenuti diversi (disegni raffinatissimi, schizzi, appunti, fotografie e materiali i più vari) - stile che si ritrova anche nel recente Kokoro -, l'autore dimostri - una volta di più se ce ne fosse stato bisogno - di essere una delle voci (e delle matite e penne) più interessanti per tutti coloro che vogliano addentrarsi in maniera consapevole nella complessità del mondo giapponese.
Voto: 3/5
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