Ragionevoli dubbi / Gianrico Carofiglio. Palermo, Sellerio, 2006.
E tre! Dopo Testimone inconsapevole e Ad occhi chiusi non ho potuto fare a meno di leggere tutto d'un fiato anche questa terza avventura dell'avvocato Guido Guerrieri, personaggio che mi è ormai familiare e - per certi versi - caro. È per questo che mi ha fatto un po' impressione ritrovarmelo in questa veste un po' malinconica e triste, certo sempre dotato della sua graffiante ironia e sempre capace di alcune saggezze profonde, ma con un sottofondo di amarezza e di pessimismo, al quale allude a volte lui stesso attribuendolo all'età che avanza e alla crisi che ad essa è connessa:
«Ero stabilmente un disadattato, ormai. Mi ero garantito una stabile, mediocre infelicità, mi dissi. Immunizzato da una infelicità devastante in cambio di una insoddisfazione permanente e desideri inconfessabili. Poi pensai che facevo delle riflessioni banali, patetiche, e che mi autocommiseravo.» (p. 124-125)
«Mi dissi che ero un imbecille e un incosciente, che avevo quaranta anni passati - ampiamente passati - e che mi stavo comportando da irresponsabile e anche da stronzo.» (p. 99)
«Ma passati i quaranta gli stupidi pensieri si moltiplicano e fenomeni insignificanti diventano sintomi della vecchiaia che si avvicina.» (p. 18)
«E avevo voglia di scappare via, adesso. Via da quella inattesa fragilità, da quella disperazione, da quel senso di sconfitta.» (p. 145)
A me sembra fondamentalmente la conseguenza dell'assenza di Margherita, l'elemento di stabilità mancante in questo racconto, la donna che ha fatto intravedere a Guido la possibilità di una felicità serena e che ha fatto riemergere dal profondo desideri tenuti fino ad allora nel silenzio e sostanzialmente inconfessati:
«Confessare, anche a se stessi, i propri desideri - quelli veri - è pericoloso. Se sono realizzabili, e spesso lo sono, dichiararli ti mette di fronte alla paura di provarci. E dunque alla tua vigliaccheria. Allora preferisci non pensarci, o pensare che hai desideri impossibili, e che è da adulti non pensare alle cose impossibili.» (p. 106)
E così, in questo caso giudiziario, molte questioni - personali e non - si intrecciano. L'imputato Paolicelli è forse quel Fabio che, durante gli anni in cui a Bari in alcune zone si rischiava di essere pestati solo per il fatto di portare un eskimo, aveva partecipato al pestaggio di un ragazzo per il quale si era poi impiccato in carcere il presunto colpevole? E poi la moglie di questi, Natsu, e la bambina, che aprono a Guido uno squarcio sulla sua vita come avrebbe potuto essere e sulla famiglia che vorrebbe per sé...
A molti che hanno superato da un po' i quaranta e che hanno trascorso l'adolescenza a Bari questa storia richiamerà alla memoria un frammento di vita vissuta e ricordi impressi nella mente a fuoco. A me ancora una volta dice della capacità di Gianrico Carofiglio di raccontare delle storie, dei luoghi, delle persone, se stesso, delle età della vita:
«Le storie, a ben vedere, sono tutto quello che abbiamo. [...] La vita non funziona attraverso la selezione della storia più probabile, più verosimile o più ordinata. La vita non è ordinata e non risponde alle nostre regole di esperienza. Nella vita ci sono i colpi di fortuna e le disgrazie.» (p. 284-285)
E per dare senso alle storie ci vogliono le parole, quelle che a volte non abbiamo o abbiamo esaurito:
«Le nostre parole sono spesso prive di significato. Ciò accade perché le abbiamo consumate, estenuate, svuotate con un uso eccessivo e soprattutto inconsapevole. Le abbiamo rese bozzoli vuoti. Per raccontare, dobbiamo rigenerare le nostre parole. Dobbiamo restituire loro senso, consistenza, colore, suono, odore. E per fare questo dobbiamo farle a pezzi e poi ricostruirle.» (p. 128)
Insomma, Guerrieri e Carofiglio continuano a piacermi. E anche quando ne riconosco alcuni modi di scrittura e di comportamento, che pure per certi versi tendono a ripetersi, l'effetto non è la noia o la stanchezza, ma un moto di amorevolezza. I ricordi dell'infanzia e le riflessioni sulle proprie piccole manie, candidamente confessate, i camei di personaggi indimenticabili (il libraio che apre la sua libreria-caffè solo di notte), gli intermezzi musicali, le metafore della boxe, i piatti della cucina pugliese rivisitata sono tappe non obbligate, bensì ricercate, della lettura.
Però, mi manca Margherita. Per favore: fatela tornare da New York!
Voto: 4/5
Allora, a quando Le perfezioni provvisorie? :-)
RispondiEliminaE' stato così anche per me. Prima uno e poi tutti gli altri, in ordine di uscita. Se ami lo stile di Carofiglio, ti consiglio un suo romanzo non così noto ma - secondo me - altrettanto bello, Il passato è una terra straniera, che non fa parte della serie che ha per protagonista l'avvocato Guerrieri. Troverai sullo sfondo la stessa Bari, e in primo piano un'amicizia complicata e dolorosa, in cui la verità emerge lentamente, senza rumore, con la sua ineludibile e ingombrante presenza. Del resto - per citare Carofiglio - ognuno dà la caccia ai suoi fantasmi come può. Qualcuno ci riesce meglio di altri.
Mara
Direi presto Le perfezioni provvisorie... Tra l'altro, questi titoli sono tutti molto belli!
RispondiEliminaAvevo adocchiato il romanzo di cui mi parli. Leggerò certamente anche quello...
Magari adesso faccio una piccola pausa da Carofiglio, ma solo per poco e per gustarmi meglio il resto!
Grazie.