Una domenica pomeriggio al Cinema delle provincie a vedere il documentario vincitore del Nastro d’argento nella sezione "Cinema per il reale". Si tratta di Cutro, Calabria, Italia, il film di Mimmo Calopresti, già disponibile sulle piattaforme, ma che tanta gente come me ha scelto di andare a vedere sul grande schermo e avendo anche la possibilità di dialogare con il regista e i produttori.
Il film documentario racconta una storia che conosciamo: il naufragio di un barcone con circa 200 migranti a poche centinaia di metri dalla spiaggia di Cutro, non lontano da Crotone, e la morte di oltre 100 di loro.
Il regista Calopresti – come ci dice al termine del film e a seguito di specifiche domande del pubblico – ha scelto di non affrontare questo tema da un punto di vista giornalistico o politico, ma di concentrarsi sulla storia delle persone, al fine di ridare dignità e umanità a chi spesso viene trattato solo come un numero.
Per farlo, Calopresti parla con i sopravvissuti, con i parenti delle vittime, con la popolazione locale, con i soccorritori e gli operatori, per capire il modo in cui questa vicenda così tragica è stata vissuta e metabolizzata, ma allarga anche lo sguardo un po’ più in generale alla questione dei migranti, andando a parlare con chi tra loro è detenuto in carcere, chi è parcheggiato nei CPR (Centri di Permanenza per i Rimpatri) e chi magari è riuscito a costruirsi una vita in Italia o altrove.
Il regista fa dialogare questo evento con le immagini del film Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, in parte girato proprio sulle coste calabresi nella zona di Cutro, e con le parole del poeta, in particolare quelle della poesia conosciuta come Alì dagli occhi azzurri, che oltre sessant’anni fa prefigurava questioni e situazioni della contemporaneità in merito alle migrazioni.
Ne viene fuori un film che, pur avendo fatto una scelta narrativa precisa, nella sua manifestazione finale si muove secondo traiettorie quasi randomiche, vaganti, esattamente come il regista sullo schermo, che appare e scompare dal girato.
Quello di Calopresti è un film che non lascia indifferenti, pur non giocando necessariamente sul melodramma, ma che sembra di aver già visto mille volte in tutte le forme, senza che questo abbia spostato un millimetro del sentire collettivo.
Il senso di frustrazione è forte, e però forse tutte queste gocce nel mare sul medio-lungo termine a qualcosa porteranno, anche perché - come giustamente ha detto il regista - il fenomeno migratorio è come un fiume: qualunque ostacolo gli si ponga trova sempre una strada per arrivare al mare.
Voto: 3/5
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