Quest’anno non solo la mia selezione teatrale è molto più contenuta degli ultimi anni (un po’ per stanchezza, un po’ per delusione, un po’ per livello dell’offerta), ma arrivo spessissimo a teatro senza aver letto praticamente niente dello spettacolo. Che poi è vero che il massimo sarebbe poter partecipare a una lezione che ci spieghi le cose prima di vederle per potercele gustare al meglio, ma è anche vero che uno spettacolo bello deve essere in grado di conquistarci anche senza saperne assolutamente nulla.
In questo caso, sono arrivata allo spettacolo di Preziosi completamente a digiuno di informazioni. Conoscevo le qualità di Alessandro Preziosi a teatro (terreno sul quale l’attore si è spostato quasi completamente), e potevo ipotizzare dal titolo dello spettacolo che ci fosse un’ascendenza shakespeariana, ma oltre questo non andavo.
Scopro dunque solo a teatro che lo spettacolo è sì ispirato alla tragedia di Shakespeare, ma – come forse il titolo poteva far ipotizzare – questa primaria ispirazione si è combinata con l’Aspettando Godot di Samuel Beckett, che però io non ho mai letto né visto rappresentato.
Sempre a teatro scopro che la scenografia, che fin dall’inizio mi appare in qualche modo familiare e che comprendo essere protagonista della messa in scena al pari degli attori, è costituita da una serie di opere di Michelangelo Pistoletto che Alessandro Preziosi ha incontrato e conosciuto quasi per caso e con cui ha avviato questa collaborazione. Anche gli abiti di scena sono stati scelti coerentemente: si tratta di abiti ideati dalla Fondazione Cittadellarte di Biella insieme al collettivo Fashion B.E.S.T., pezzi unici in materiali tracciabili e riciclati, concepiti a strati, che a poco a poco si scompongono lasciando i personaggi in una tuta nera, una specie di nudità che si confonde con le ombre.
Sulla scena, oltre ad Alessandro Preziosi nei panni di Re Lear (ma anche regista dello spettacolo), ci sono il bravissimo Nando Paone nei panni di Gloucester, Arianna Primavera nel ruolo di Cordelia e anche del Matto, Roberto Manzi che fa Kent e Valerio Ameli che interpreta Edgar.
Il Re Lear di Preziosi è un uomo ormai vecchio e che sta perdendo il senno, il quale vuole lasciare le sue terre e il suo potere alla figlia che lo ama di più, ma che - fidandosi delle apparenze e delle parole vacue - lascia la sua eredità alle due maggiori, cacciando dal suo regno Cordelia, la figlia più amata che si è rifiutata di adularlo. Contemporaneamente Gloucester a sua volta è oggetto di un inganno: il figliastro Edmund gli fa credere che Edgar stia progettando il suo assassinio, e dunque disconosce e allontana il figlio.
In questo turbinio di eventi il momento clou è quello della tempesta che travolge i protagonisti, ma li riconduce alla verità e alla riconciliazione.
La rilettura di Re Lear da parte di Alessandro Preziosi si concentra significativamente sul rapporto tra padri e figli, sull’eredità tra generazioni, e dunque parla anche di noi e del nostro futuro.
Gli attori sulla scena sono tutti molto bravi (Preziosi mi pare voglia proporsi il nuovo Gassman), la scenografia è suggestiva ed efficace, la drammaturgia interessante (anche se a volte può disorientare), le musiche invece mi hanno un po’ lasciato perplessa. Uno spettacolo che nel complesso ho trovato bello, senza uscirne entusiasta nemmeno questa volta.
Voto: 3/5
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