Delitto a Tokyo / Keigo Higashino; trad. di Stefano Lo Cigno. Milano: Mondadori: 2023.
Ricevo in regalo per Natale 2023 questo romanzo giallo di un autore giapponese che non conoscevo e che invece scopro essere piuttosto noto. Da parecchio ormai sono affascinata dal mondo e dalla cultura giapponese, tanto più nel momento in cui si profilava all'orizzonte un viaggio in Giappone (poi sfumato).
Delitto a Tokyo (che nella versione originale si intitola Il cigno e il pipistrello) si apre con il ritrovamento del corpo di un noto avvocato. Dopo brevi indagini, un uomo proveniente da un'altra provincia, ma che periodicamente si reca a Tokyo a trovare suo figlio, si dichiara colpevole dell'omicidio, e nel confessare il movente si dichiara responsabile di un altro omicidio avvenuto molti anni, per cui era stato accusato un altro uomo che si era poi suicidato in carcere.
Accade così che dopo una ottantina di pagine di lettura sembra che tutti i nodi siano sciolti, ma è proprio qui che inizia davvero la narrazione, di cui sono primariamente protagonisti due giovani, Mirei, figlia della vittima, e Kazuma, figlio del reo confesso.
I due giovani - che hanno molti dubbi sulla dinamica dell'omicidio e sulle dichiarazioni dell'omicida - cominciano, ognuno per proprio conto, a indagare su alcune tracce che la polizia e gli avvocati di ciascuna parte hanno deciso di non seguire, trovandosi di fronte a una confessione apparentemente inappuntabile.
In queste indagini private, le strade di Mirei e Kazuma finiranno per incrociarsi e i due giovani, pur trovandosi su due fronti opposti, convergeranno sulla necessità di far luce sulla vicenda e scopriranno anche una reciproca empatia e comunanza di approccio.
Sarà la loro caparbietà e la disponibilità di un investigatore della polizia a non lasciar cadere le loro intuizioni e scoperte a portare alla soluzione del caso, anche attraverso uno scavo nel passato dei protagonisti che nemmeno i loro figli conoscevano.
Non avendo mai letto nulla di Keigo Higashino prima di questo romanzo, non sono in grado di dire quali caratteristiche sono specifiche di questo giallo, e quali invece appartengono allo stile dello scrittore.
Ho avuto la sensazione di una narrazione che alterna momenti in cui preme il piede sull'acceleratore e altri in cui la marcia viene scalata e si procede a ritmi più blandi. Certamente nella prima parte si procede in maniera piuttosto concitata verso un presunto finale (la confessione dell'omicidio) che verrà poi rimesso in discussione a poco a poco, attraverso scoperte prima piccole e poco significative, fino all'accelerazione finale che rimette a posto tutti i tasselli e spiega la vera dinamica della vicenda, cui segue un epilogo che torna a concentrarsi sui due protagonisti veri della storia, Mirei e Kazuma, e sul prosieguo delle loro vite.
Pur essendo consapevole che il cuore del racconto è proprio il rapporto tra Mirei e Kazuma, che passa anche attraverso l'approfondimento dei modi di essere di entrambi, ho trovato la parte centrale del racconto un po' lenta e faticosa, mentre sono stata risucchiata nell'intreccio nella parte iniziale e finale del romanzo. Penso c'entri non solo la scrittura di Keigo, bensì anche il modo tutto giapponese di trattare i sentimenti e le emozioni delle persone, che non è mai dirompente e diretto, ma invece sempre accennato e sotto traccia. E questa è una cosa che, da occidentali poco abituati alle sfumature sottili, facciamo un po' fatica non tanto ad accettare quanto a comprenderne la ricchezza e la complessità fino in fondo.
Tutto ciò detto, l'esperienza non mi è dispiaciuta, e nel mio desiderio di conoscere meglio il mondo giapponese che sembra così vicino e invece a ogni occasione si scopre tanto differente sul piano individuale e sociale, non escludo di riavvicinarmi in futuro a qualche altro romanzo dell'autore.
Voto: 3,5/5
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!