La vita di chi resta / Matteo B. Bianchi. Milano: Mondadori, 2023.
Leggo questo libro su suggerimento della mia libraria di fiducia di Conversano. Il suo consiglio e la lettura della quarta di copertina mi hanno convinto a comprare questo libro di Matteo B. Bianchi, scrittore classe 1966, di cui pensavo di aver letto un libro precedente salvo poi scoprire che non avevo mai letto niente.
E dunque incontro Bianchi nel suo libro forse più personale, e certamente quello più doloroso, un memoir pubblicato a molti anni di distanza dai fatti che qui racconta, ossia il suicidio del suo compagno, avvenuto a tre mesi dalla fine della loro storia e nella casa dove avevano vissuto insieme sette anni e di cui lui aveva ancora le chiavi.
La vicenda di per sé è di quelle terribili, devastanti, e certamente incomprensibili per chi - per sua fortuna - non ci è passato attraverso. Matteo B. Bianchi più volte parla di chi ha vissuto il suicidio di una persona a cui era legato come di "sopravvissuti", tanto quanto potrebbero esserlo le uniche persone salvatesi in un incidente aereo in cui sono morti tutti.
La prosa di Bianchi è scorrevole e procede per immagini, ricordi, riflessioni, dati, citazioni: i capitoli sono brevi e non seguono necessariamente un andamento cronologico, illuminando momenti, incontri, situazioni, fasi della lunghissima elaborazione di questo lutto, non paragonabile a nessun altro lutto.
Le scelte stilistiche dello scrittore, unite alla naturale propensione umana all'empatia, trascinano il lettore nello stato d'animo del protagonista, una vera e propria discesa agli inferi, certamente protetta dalla scrittura e filtrata dalle parole, ma che comunque tocca inevitabilmente corde profonde e delicate.
Nei giorni in cui leggevo questo libro mi sono ritrovata a fare sogni molto vividi, di cui spesso erano protagoniste persone che non ci sono più, a cui ero legata, oppure situazioni emotivamente forti. È un libro che lavora nel subconscio e da cui non si esce indenni. Ci si ritrova anche a riflettere - insieme allo scrittore, che accenna più volte a questo tema - al rapporto tra vita e scrittura e alla necessità - inevitabile per uno scrittore - che questi due mondi si contaminino e si intersechino, ma anche che restino separati e distinti.
In questo libro Matteo B. Bianchi ci racconta pensieri e sentimenti molto intimi e personali, con grandissimo coraggio e altrettanto grande onestà. Ma non possiamo pensare, dopo averlo letto, di conoscere lui al di là di quello che ci ha raccontato, né di poter approfondire i dettagli della vicenda solo perché lo scrittore ci ha aperto una porta da cui vediamo le cose da una specifica prospettiva e entro determinati confini.
Da un punto di vista letterario è un libro che non mi ha conquistata, ma al contempo l'ho trovato un libro necessario per chi l'ha scritto - che con esso ha compiuto l'atto finale (ma forse non del tutto) di un percorso lunghissimo - e per chi lo legge, in quanto ci permette di specchiarci in un punto di vista, vivendo di riflesso una condizione che speriamo la vita non ci riservi, ma comprendendo la quale certamente diventiamo più umani.
Voto: 3/5
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