Il Museo di Roma in Trastevere è una delle mete più frequentate dagli appassionati di fotografia di Roma, data la sua ormai consolidata vocazione alle mostre di fotografia.
Al momento attuale, mentre si disallestisce Philippe Halsman, sono in corso al piano superiore due piccole mostre, una dedicata a Lou De Matteis e l'altra a Hilde Lotz-Bauer. In condizioni normali le avrei visitate entrambe in un'oretta di tempo libero, ma in questo caso - per comprendere meglio quello che vedo - mi affido alla guida esperta di Itinerari di luce che propone la visita della sola mostra della Lotz-Bauer e trascino anche un paio di amiche.
La scelta si rivela felice (a parte la pioggia presa in motorino per arrivare al museo!), perché Hilde Lotz-Bauer non è fotografa da "effetto wow" e, se già normalmente vale il principio che una mostra si capisce e si apprezza molto di più se qualcuno te la contestualizza e te la spiega, nel caso della mostra su Hilde in Italia è ancora più vero.
La mostra, a cura di Federica Kappler e Corinna Lotz, figlia di Hilde Lotz-Bauer, si sviluppa su due sale e una piccola saletta dove è anche possibile vedere un piccolo filmato sulla fotografa.
Le fotografie si riferiscono fondamentalmente al primo soggiorno in Italia di Hilde, ossia agli anni dal 1934 al 1943, anni durante i quali, oltre a svolgere il suo lavoro a supporto delle ricerche storico-artistiche del marito e di altri studiosi, la donna attraversò la penisola in lungo e in largo, documentando - con la sua Leica, la macchina fotografica che usava per gli scatti privati - la vita quotidiana delle persone incontrate.
La prima saletta della mostra è dedicata a raccontare il percorso di avvicinamento di Hilde alla fotografia (era laureata in storia dell'arte e, dopo la laurea, prese un dottorato in fotografia), e a documentare i suoi primi lavori fotografici, nonché le fotografie professionali relative ad architettura e sculture. Tra queste spiccano le immagini fiorentine, tra cui quelle del Ponte di Santa Trinita, tra l'altro bombardato e distrutto non molto tempo dopo gli scatti di Hilde.
Nella seconda sala l'attenzione si sposta sulle persone fotografate in giro per l'Italia, e tra queste fotografie sono degne di nota in particolare le numerose foto da lei scattate in vari luoghi dell'Abruzzo (ad esempio la piana del Fucino e Scanno). In questa seconda sala emerge la capacità empatica della fotografa tedesca, che nel suo modo di fotografare le persone si dimostra una straordinaria anticipatrice di quella street photography che negli anni Trenta era ancora di là da venire. Nelle foto di Hilde si riconosce la matrice degli scatti di fotografi ben più famosi, tra cui Henri Cartier-Bresson e Mario Giacomelli, e di un tipo di fotografia che sarebbe diventata un vero e proprio genere solo vent'anni dopo.
Nelle foto di Hilde non solo c'è una grande attenzione alla composizione e all'estetica che probabilmente le derivava dai suoi studi, ma anche un uso della tecnica originale e molto in anticipo sui tempi, che ci fa percepire alcune sue fotografie come modernissime nell'impianto, pur essendo collocabili cronologicamente nel passato per via dei contenuti.
Insomma una bella esperienza, certamente da ripetere. Tra l'altro non escludo di tornare a vedere la mostra in autonomia (grazie alla fantastica MIC card) per rivedere con calma le foto, forte del bagaglio di conoscenze acquisito con la visita guidata.
Voto: 3,5/5
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