Finalmente quest'anno riesco ad andare a una serata del festival di film francesi organizzato a Villa Medici, una location davvero strepitosa. Il film è quello della serata di chiusura, L'été dernier di Catherine Breillat, che sarà distribuito in Italia da Teodora Film nella prossima primavera.
La regista, nota per i suoi film provocatori in merito alla morale sessuale, è presente in apertura per portare il suo saluto, nonostante le difficoltà di deambulazione dovute all'emorragia cerebrale che l'ha colpita alcuni anni fa.
Questo ultimo film della Breillat ha come protagonista Anne (la bravissima Léa Drucker), avvocato che si occupa di minori abusati, sposata con Pierre (Olivier Rabourdin) e madre di due bambine adottate. Nell'estate in cui è ambientata la storia il figlio di primo letto di Pierre, il diciassettenne Théo (Samuel Kircher), viene a stare dal padre, dopo l'ennesimo guaio nel quale si è cacciato. All'inizio, i rapporti tra Théo e Anne sono piuttosto tesi, ma man mano che le giornate procedono i due si avvicinano e inizia un gioco reciproco di seduzione che li porterà a una relazione clandestina che metterà a rischio molti equilibri.
Il film della Breillat - cosa che pare appartenga alla sua filmografia (che però io non conosco) - non teme di portare sullo schermo un tema estremamente delicato (il rapporto tra una donna adulta e un minorenne) e lo fa senza pudori e reticenze, suscitando inevitabilmente nello spettatore forme di rifiuto o necessità di prendere le distanze dalla protagonista.
Senza dubbio l'approfondimento psicologico dei personaggi e gli elementi conoscitivi che ci vengono forniti non sono tali da consentire una comprensione completa del personaggio di Anne e del suo mondo, cosicché alcune sue reazioni appaiono incoerenti ai limiti della patologia.
Se dunque il film voleva essere una critica al perbenismo e all'ipocrisia della borghesia a mio parere risulta un po' debole e forzato. Nonostante questo, il personaggio di Anne resta per me interessante, con tutte le sue contraddizioni, e - al netto di alcuni comportamenti difficilmente comprensibili - non riesco a prendere pienamente le distanze da lei, perché il suo mix di durezza, fragilità, freddezza e attenzione non lo considero assurdo e impossibile, e soprattutto non riesco a giudicarlo negativamente e basta, come se fosse qualcosa di anormale e non invece comune purtroppo al nostro essere umani fortemente imperfetti.
È per questo che verso Anne - molto più che verso Théo - si prova a seconda dei momenti compassione, rabbia, comprensione, fastidio.
Il difetto principale del film è semmai proprio quello di voler uscire dall'ambiguità con la svolta finale, costringendo a un'accelerazione narrativa e a una inevitabile semplificazione che lascia un bel po' di amaro in bocca. Dopo tutto il percorso di avvicinamento tra Anne e Théo e la loro caduta in un terreno oscuro e difficile, le troppe virate dell'ultima mezz'ora del film lasciano alquanto perplessi.
Voto: 3/5
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