E due! Ci sono ricascata con i film di Arnaud Desplechin, e sempre per lo stesso motivo, ossia per la presenza nel cast (come ne Les fantômes d'Ismaël) di Marion Cotillard (che io letteralmente adoro, sebbene a questo secondo giro devo osservare che il regista le faccia fare dei ruoli sempre piuttosto insopportabili).
Qui Marion è Alice Vuillard, un’attrice di teatro di successo che ha un rapporto a dir poco problematico con suo fratello Louis (Melvil Poupaud), mentre Fidele (Benjamin Siksou), il fratello più piccolo mantiene una posizione più neutrale. Alice e Louis non si parlano e si evitano da moltissimi anni, in particolare da quando è morto il figlio di Louis e lui ha cacciato di casa il cognato e la sorella urlandogli contro. Un brutto incidente accaduto ai loro genitori a seguito del quale la madre finisce in coma e il padre in condizioni comunque serie, Alice e Louis sono entrambi richiamati al loro capezzale. Nonostante i tentativi di tutti di non farli incontrare ed evitare lo scontro, i due finiranno per ritrovarsi l’uno in prossimità dell’altro, facendo emergere – in maniera più o meno violenta e scomposta – tutti i nodi irrisolti e l’odio viscerale che li attraversa.
Detta così, sembrerebbe una trama interessante ed un tema con cui molti, seppure in modi diversi, hanno purtroppo familiarità. Ed è anche per questo che ho scelto di andare a vedere il film.
Il fatto è che continuo a essere perplessa rispetto al modo di raccontare di Desplechin e faccio fatica a entrare in contatto con i personaggi. Pur aprendo infatti degli squarci sul passato, mediante dei flashback che raccontano del rapporto passato tra fratello e sorella, dai momenti di sintonia a quelli di conflitto, nonché del rapporto con i loro genitori, molta parte delle motivazioni per cui Alice e Louis si odiano rimane per noi ignota, o comunque non sufficientemente spiegata. Va detto che c’è un momento nel film in cui persino la stessa Alice dice di non ricordare più i motivi di tanto odio, il che mi fa pensare che è proprio questo odio (indipendentemente dalle sue motivazioni) che il regista vuole raccontarci. In fondo se l’amore può non avere motivazioni specifiche, si potrebbe ipotizzare che lo stesso valga per l’odio. Ma devo dire che in realtà non è davvero così, e noi spettatori cerchiamo continuamente indizi per darci una spiegazione di questo odio senza riuscire veramente a capirlo, tanto che nel momento in cui l'odio sembra sciogliersi e sembra aprirsi una prospettiva di riconciliazione la cosa risulta altrettanto incomprensibile, al punto da fare quasi fatica ad accettarla. Certamente Alice è un’ape regina che vuole tutti adoranti ai suoi piedi, come la sua giovane ammiratrice Lucia, mentre Louis è un uomo che si porta dentro una rabbia e un dolore irrisolti; entrambi hanno un rapporto non pacificato con i loro genitori, sicuramente molto uniti tra loro, ma probabilmente poco equilibrati nei confronti dei figli. I personaggi di contorno, Faunia, la moglie di Louis, l’amico Zwy, la romena Lucia, appaiono interessanti, ma anche loro non sufficientemente approfonditi per gettare luce su sé stessi e sui protagonisti.
In questa vera e propria invettiva verso la famiglia, Desplechin riesce a infilare anche qualche bordata verso il suo paese d’origine Roubaix (già presente nel suo precedente film che avevo visto). Io non so cosa abbia Desplechin rispetto al luogo e alla famiglia dai quali proviene, però oltre che vomitarci addosso un disagio (e in questo è decisamente bravissimo) non mi sembra che riesca, attraverso le sue pellicole, a trovare lui stesso e a far trovare anche a noi spettatori una qualche forma di pace.
A questo punto per fortuna non ero andata a vedere Tromperie – L’inganno (di cui comunque la mia amica F. non mi aveva parlato bene), perché sennò adesso sarei ancora più perplessa e incavolata.
E vabbè, io e Desplechin non ci prendiamo particolarmente.
Voto: 2,5/5
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