Avevo adocchiato questo spettacolo già lo scorso anno, ma io e F. non eravamo riuscite a incastrarlo nella precedente stagione teatrale, cosicché quest'anno non ce lo siamo lasciate sfuggire.
Abbiamo imparato negli ultimi anni ad apprezzare il teatro di Lucia Calamaro, e Darwin inconsolabile rappresenta un tassello imperdibile della sua produzione.
Dopo lo spettacolo Da lontano, che racconta il rapporto di una figlia con una madre che non c'è più, con questo spettacolo torniamo in un certo senso indietro nel tempo, a osservare "da vicino" i rapporti all'interno di una famiglia composta da una madre anziana e da tre figli adulti, due donne (Simona Senzacqua e Gioia Salvatori) e un uomo (Riccardo Goretti).
La madre (una eccezionale e adorabile Maria Grazia Sughi, la cui svagatezza non si sa quanto attribuire al suo essere artista e quanto all'età avanzata) è una performer in là con gli anni che annuncia ai figli l'imminenza della sua morte per osservarne la reazione.
Questo innesca una serie di dinamiche più o meno scomposte, che esaltano, nel bene e nel male, le caratteristiche di ciascuno: Simona, la più grande, madre di famiglia e ostetrica, è quella che cerca di mantenere la maggiore distanza emotiva dalle provocazioni della madre, ma il suo rapporto irrisolto con l'ambientalismo e il suo suonare malamente la tromba ne dimostrano l'ingenuità da un lato e la difficoltà di accettare un ruolo; Riccardo è un maestro frustrato che avrebbe voluto essere un vero intellettuale e si barcamena con fatica tra le emotività difformi delle sue sorelle, risultandone in parte schiacciato; nel caso di Gioia l'annuncio da parte della madre della sua morte la manda in frantumi, dimostrandone la fragilità emotiva, e al contempo la costringe al passaggio definitivo all'età adulta.
Come sempre accade nel teatro di Lucia Calamaro, la drammaturgia è ricca di riferimenti filosofici, sociologici e di altro genere, introdotti nel discorso con grande nonchalance e mescolati a un registro brillante e a tratti comico, con cui riescono a integrarsi perfettamente.
Ed effettivamente il maggiore o minore successo dei testi della Calamaro dipende secondo me proprio dall'equilibrio che, in scrittura, la drammaturga riesce a realizzare tra la componente brillante e divertente e quella colta e ricca di spunti di riflessione. In questo caso l'equilibrio funziona abbastanza bene per tutto lo spettacolo, con qualche pesantezza di troppo forse in fase centrale e nelle conclusioni, ed è ulteriormente valorizzato dalla capacità degli attori (tutti molto bravi) nel mantenersi a loro volta perennemente in equilibrio tra gravitas e leggerezza, fino a sfiorare in alcuni momenti il sopra le righe.
Ne viene fuori il ritratto di una famiglia con dinamiche - al di là delle specificità - in cui tutti possiamo riconoscerci, ma anche quello di una società e di un'epoca in cui la dimensione individuale e quella collettiva fanno fatica a trovare una sintesi. Se un difetto personalmente devo trovare nello spettacolo è il proliferare di temi e contenuti messi sul piatto, che a tratti risulta soverchiante e forse un po' eccessivo.
Nel complesso lo spettacolo risulta però gradevole e stimolante al contempo, cosa che di per sé non è affatto scontata e ne dimostra le qualità.
Voto: 3,5/5
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