Era un po' che non vedevo in cartellone uno spettacolo di Liv Ferracchiati (complice sicuramente la pandemia) così sono stata molto contenta di ritrovarlo nella programmazione del Teatro India di quest'anno.
Avevo conosciuto Liv Ferracchiati nel 2019 con la Trilogia dell'identità e ne ero stata conquistata, per questo ho continuato a seguirlo nel suo percorso teatrale fino ad arrivare a quest'ultimo lavoro Uno spettacolo di fantascienza. Quante ne sanno i trichechi, che porta in scena insieme ad Andrea Cosentino e Petra Valentini.
In questo spettacolo ritornano più o meno prepotentemente o sotto traccia i temi cari alla poetica di Ferracchiati: l'identità e le categorie in cui siamo costretti, il discorso generazionale, l'autoironia (il refrain sull'assenza di una voce Wikipedia su sé stesso è davvero esilarante), la crisi del teatro e delle sue forme, ma in questo spettacolo si affaccia anche il tema della crisi climatica e del rischio di estinzione dell'umanità.
I trichechi del titolo sono infatti quelli che rotolano giù da una banchisa di ghiaccio del Polo Nord e che devono essere portati in salvo da una rompighiaccio. Ma questo è solo uno dei filoni "narrativi" (se di narrazione si può parlare negli spettacoli di Ferracchiati), perché l'autore non rinuncia e anzi in un certo senso sviluppa all'ennesima potenza la sua tendenza al metateatrale, il suo racconto-non racconto, la ricerca del nonsense.
Il protagonista di questo spettacolo è lo stesso dell'ultimo lavoro, Commedia con schianto, che non solo non ha trovato una risposta alle sue domande esistenziali e nemmeno alla propria particolare visione del futuro del teatro, ma che probabilmente deve fare i conti con un'incertezza persino maggiore, quella che ha a che fare con la stessa sopravvivenza dell'umanità.
Liv naviga nell'agitato mare di queste incertezze cercando di sopravvivere grazie all'ironia e all'autoironia, combattuto tra il desiderio di fare qualcosa e di combattere le proprie battaglie e quello altrettanto potente di arrendersi alle cose come sono con un certo fatalismo.
Personalmente la interpreto come la battaglia di un passaggio cruciale dell'età, quello tra la giovinezza e l'età adulta, che può durare anche tantissimi anni e può spingersi molto avanti nell'età anagrafica. Anzi dirò di più, forse questo muoversi sul crinale tra idealismo e cinismo è in qualche modo la vera battaglia della vita, quella che ci fa oscillare tra la ricerca di senso e la constatazione che un senso non esiste, se non quello che gli diamo giorno per giorno e che forse vale solo per noi.
Esco divertita e malinconica, come spesso accade dopo gli spettacoli di Liv Ferracchiati, ma anche contenta di aver visto un teatro pieno di gente di tutte le età, e soprattutto tanti giovani, a riconferma del fatto che non è del tutto vero che il teatro non è più cosa per giovani, ma che certo teatro e certa programmazione non attira persone al di sotto di una certa età.
Voto: 3/5
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