Da lontano è il terzo lavoro di Lucia Calamaro che vedo a teatro, e il secondo monologo (in questo caso "quasi" monologo) che sembra pensato per l'attrice che l'interpreta. L'anno scorso si trattava di Smarrimento interpretato da Lucia Mascino, quest'anno invece è la volta di Isabella Ragonese (ormai sempre più spostata sul teatro, anche se restano memorabili alcune sue interpretazioni al cinema).
Da lontano è il dialogo impossibile tra una figlia ormai adulta - diventata nel frattempo psicoterapeuta - e una madre che non c'è più, rievocata com'era al tempo in cui la figlia era ancora bambina o adolescente. Il testo della Calamaro vuole essere l'occasione di comprendere a posteriori, con l'esperienza e la maturità che solo il tempo può regalarci, i turbamenti, i silenzi, le reticenze, il malessere di una figura così centrale per la nostra vita, con cui spesso non si ha la possibilità di "fare i conti" perché prima si è troppo piccoli e poi, quando si è adulti, lei è troppo vecchia o non c'è più.
La Calamaro ambienta questo dialogo impossibile in una stanza bianca, praticamente vuota, con una parete su cui c'è una porta chiusa. È da dietro questa porta che proviene la voce della madre, sbuca una mano, e a un certo punto compare lei "in persona"; e sarà questa stessa porta che la protagonista dovrà attraversare per comprendere - o quanto meno accettare - il mistero di un rapporto che non può che rimanere in parte irrisolto e vivere di ricordi e suggestioni.
Il testo della Calamaro, pur affrontando un tema emotivamente non certo leggero, sceglie di non calcare la mano sull'aspetto melodrammatico del racconto, bensì adotta un registro a tratti ironico, anche grazie all'interpretazione delle due protagoniste. Nel complesso, l'andamento del racconto è un po' altalenante e personalmente l'ho trovato non del tutto risolto, soprattutto in alcuni passaggi a mio avviso un po' forzati (ad esempio quello della videocall). Originalità e profondità si alternano a passaggi che risultano più banali e scontati: nel complesso mi pare che sia più riuscita la dimensione ironica che quella drammatica, almeno se devo giudicare dal livello di immedesimazione ed empatia che ho provato in prima persona.
Isabella Ragonese conferma la sua bravura, trasmettendo di volta in volta attraverso i gesti e il volto l'insicurezza, l'imbranataggine, il dolore, il disappunto, la frustrazione del suo personaggio, e quindi conferendo allo stesso molte sfumature diverse. Sicuramente la sua interpretazione è parte significativa della buona riuscita dello spettacolo, che ho apprezzato sicuramente più di altri visti recentemente, pur non avendo sperimentato una piena soddisfazione.
Voto: 3,5/5
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