Pablo Larraín è regista mai scontato che si è fatto conoscere e apprezzare fin dai tempi del film Tony Manero. Anche se negli ultimi anni la sua cinematografia sembra aver preso una strada più mainstream (soprattutto con biopic quali Jackie e Spencer), si tratta di un regista ormai di culto, tanto che la rassegna estiva del Cinema in piazza organizzata dai ragazzi del Cinema America ha previsto quest'anno una retrospettiva a lui dedicata.
Avrei voluto recuperare anche qualche altro suo film perso a suo tempo, ma l'accavallarsi degli impegni non me lo ha consentito. Però sono riuscita ad andare a vedere Ema (trascinandomi dietro anche la povera S.), film che i miei amici A. e P. mi avevano fortemente sponsorizzato.
Siamo a Val Paraiso, in Cile. Ema (Mariana di Girolamo) è una giovane ballerina, sposata con il suo coreografo Gaston (Gael García Bernal). I due stanno divorziando perché dopo aver adottato un bambino, Polo, lo hanno poi riportato all'orfanotrofio in quanto incapaci di gestirlo e ora si scaricano a vicenda la colpa di quanto accaduto.
Ema però è intenzionata a riavvicinarsi a Polo a qualunque costo e dunque elabora una complessa strategia nei confronti della nuova famiglia che ha adottato il bambino.
La trama del film di Larraín sarebbe anche piuttosto semplice e lineare se non fosse che l'intero racconto è costruito in maniera iperbolica, inseguendo gli "eccessi" di Ema che di giorno balla il reggaeton per strada con le sue amiche in un crescendo di ritmo e di carnalità e di notte quelle stesse strade le incendia in senso letterale.
Il film asseconda la vena di follia di Ema che è anche esercizio di seduzione e di manipolazione nei confronti del mondo circostante, ma anche veicolo di scoperta di sé e di liberazione del desiderio e della sessualità, che coinvolge anche coloro che con questa ragazza "incendiaria" e non convenzionale vengono a contatto.
Non posso dire che sia il mio genere di film, troppo sopra le righe per i miei gusti (il punto in cui mi sono identificata di più è quello in cui Gaston fa una requisitoria contro il reggaeton), però devo ammettere che il personaggio di Ema è dirompente e che Larraín dimostra in questo film di sapersi muovere con grandissima nonchalance tra un cinema apparentemente di maniera e uno potentemente underground, che hanno in comune il suo amore per i protagonisti anticonformisti e poco allineati.
Voto: 3/5
Sono d'accordo: è il film più spiazzante e sperimentale di Larraìn, per certi versi faticoso, però innegabilmente seducente. Ottimo uso della fotografia che mostra una Valparaìso sporca, livida, che solo la "lucida" follia di Ema riesce ad accendere (in tutti i sensi...)
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