In un'assolata e calda domenica di tardissima primavera, prima di gustare un paradisiaco sushi dal mio ristorante giapponese preferito di Roma, Shiroya, io e S. decidiamo di andare a vedere la retrospettiva su Gianni Berengo Gardin in corso al MAXXI dal titolo "L'occhio come mestiere".
La mostra è allestita negli spazi dell'extra MAXXI, in pratica l'edificio di fronte a quello principale del museo, dove mi era capitato in passato di vedere una bella mostra su Zerocalcare.
All'ingresso della grande sala del primo piano un po' di notizie biografiche su Berengo Gardin e un'introduzione alla mostra; inoltre grandi foto del suo studio fotografico e la possibilità di scaricare un podcast in cui le foto vengono raccontate dalla voce dello stesso fotografo.
La sala è poi suddivisa con pannelli per costruire un percorso attraverso le fotografie esposte, percorso articolato in linea di massima in ordine cronologico, ma anche raggruppando le foto in parte per luoghi e in parte per progetti. L'insieme delle fotografie esposte è "incorniciato" da quelle dedicate alla città di Venezia, che per il fotografo è il luogo del cuore.
Sulla parete di fondo, su appositi espositori, sono sistemati tutti i libri fotografici di Berengo Gardin, e fa davvero impressione vederli tutti insieme, tantissimi, a testimonianza di una lunga vita interamente dedicata alla fotografia.
Il percorso espositivo riesce a raccontare - soprattutto a chi lo conosce poco - le tante anime del fotografo, i suoi lavori, i reportage, i luoghi - tutto rigorosamente in bianco e nero - mostrando al contempo la coerenza di fondo del suo sguardo fotografico che dà unitarietà a tutto il corpus. Com'è tipico delle retrospettive dedicate a fotografi che hanno privilegiato il reportage, di ognuno dei lavori di Berengo Gardin ci sono soltanto degli assaggi, estrapolati da una narrazione più ampia, ma già questi assaggi sono sufficienti a mettere in evidenza la qualità di osservazione del fotografo.
Man mano che guardavo le sue foto, riconoscendone tante, dalle più famose a quelle meno note, mi è tornata in mente l'intervista video pubblicata da Contrasto in una serie di DVD dal titolo La fotografia italiana, in cui Berengo Gardin racconta i retroscena e i contesti di molte foto, nonché le circostanze in cui sono nati alcuni dei suoi lavori più famosi. Ci parla del suo immenso archivio fotografico e dell'immane lavoro di manutenzione che comporta. E in questo chiacchierare mette a nudo il suo modo di essere, assertivo e umile al contempo. Una figura che non risulta in alcun modo respingente, e che anzi ancora di più ci fa apprezzare le sue fotografie.
Una mostra che è un piacere per gli occhi e per l'anima.
Voto: 4/5
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