Avevo tanto sentito parlare di questo film e molte persone me ne avevo consigliato la visione. Finalmente grazie alla rassegna estiva "Isola del cinema" riesco a recuperarlo in una calda e umida sera d'estate, che vede anche la partecipazione dei responsabili e dei volontari della Comunità di Sant'Egidio, da sempre impegnata sul fronte carcerario, oltre che in molti altri settori.
Siamo in un carcere fatiscente, isolato tra le montagne. Il carcere sta per chiudere e tutti i detenuti saranno trasferiti in altre strutture. Anche gli agenti della polizia penitenziaria assaporano la loro ultima sera in questo luogo. Il giorno dopo arriva però la brutta notizia: 12 dei detenuti del carcere, tra cui il boss Carmine Lagioia (Silvio Orlando), dovranno rimanere ancora perché il carcere che doveva accoglierli non è ancora pronto a farlo, e dunque un piccolo gruppo di agenti, capeggiati da Gaetano Gargiulo (Toni Servillo) deve restare a presidiarli.
I detenuti vengono spostati nelle celle della "rotonda", lo spazio centrale del carcere, per consentirne una più agile vigilanza, e da qui inizia una convivenza fin troppo stretta e in fondo una doppia reclusione, detenuti e agenti entrambi in attesa di ricevere notizie su quando potranno andar via da questa struttura in abbandono.
Da un'iniziale condizione di distanza e di muso duro tra agenti e detenuti, a poco a poco, anche grazie all'arrivo in carcere del giovane e tormentato Fantaccini, le distanze si accorciano: Gargiulo consente a Lagioia di utilizzare le cucine per preparare pranzi e cene per i detenuti, sorvegliandolo personalmente.
Così, nel buio di un blackout causato da un temporale, la diffidenza reciproca, i pregiudizi bidirezionali, le ostilità sotterranee e palesi cadono per lasciare il posto alla convivialità e allo scambio, di fronte ai quali ci si riconosce come esseri umani prima che come detenuti e guardie.
Sostenuto da immagini di grande impatto visivo e da una colonna sonora non scontata di Pasquale Scialò, il film è un invito a superare le barriere e a vincere le paure per incontrare l'altro, anche quello più distante da noi, perché spesso si finisce per riconoscersi molto più di quanto si immaginerebbe.
Di Leonardo Di Costanzo avevo visto L'intervallo, che sostanzialmente tratta lo stesso tema, solo che in quel caso i ruoli della guardia e della prigioniera erano svolti rispettivamente da un ragazzo e una ragazza, unici protagonisti del film, mentre qui il discorso diventa corale e sale di livello, spostandosi - se vogliamo - dal piano personale a quello sociale. In un certo senso anche L'intrusa, altro bel film di Di Costanzo, ruotava intorno al tema dell'incontro e della capacità non scontata di superare le barriere - psicologiche e sociali - per accogliere l'altro nella sua individualità e non per quello che rappresenta.
Voto: 3,5/5
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