Sfondate la porta ed entrate nella stanza buia / Enrico Macioci. Bari: Terrarossa, 2022.
Il dramma di Alfredo Rampi, bambino di 6 anni caduto in un pozzo artesiano il 10 giugno 1981 (ormai 40 anni fa) nella zona di Vermicino e morto qualche giorno dopo a causa del fallimento dei tentativi di salvataggio, è un evento che certamente ha segnato un’epoca, in quanto è stato il primo fatto di cronaca seguito dalla televisione in diretta praticamente 24 ore su 24 con inviati sul posto e trasformato fin dal principio nel racconto di un’emozione collettiva, a partire dallo stesso uso del diminutivo per far riferimento al bambino.
Forse anche per questo, e considerato che le persone della mia generazione a quell’epoca avevano un’età non molto diversa da quella di Alfredo (io avevo 8 anni), che è anche un’età in cui si comincia a fare i conti con le proprie paure, questa vicenda è rimasta nella nostra memoria e nelle nostre viscere come una specie di trauma collettivo, che ancora oggi suscita in tutti noi incubi con cui fare i conti. Si pensi a questo proposito all’inquietante libro di Giuseppe Genna, che pure da quell’evento prende le mosse per raccontare l’orrore dell’Italia post anni Ottanta e contemporanea.
Ebbene, Enrico Macioci parte proprio da questa constatazione per raccontare una storia di fantasia, che all’interno della cornice della vicenda di Alfredo, parla di un altro bambino di sei anni, Francesco, e del suo amico Christian, che in quegli stessi giorni – dopo aver giocato con lui – sparisce nel nulla.
Mentre dunque il bambino è bombardato dalle dirette televisive che gli fanno scoprire che anche a 6 anni il destino può metterti davanti la possibilità di morire, Francesco deve fare i conti con la sparizione di Christian e con quello che può essergli accaduto, mentre il mondo degli adulti da un lato si rivolge a lui in cerca di lumi in quanto ultimo testimone, dall’altro non lo prende veramente sul serio. Destino questo piuttosto tipico per i bambini, oggetto di mille attenzioni, ma anche talvolta di scarsa considerazione, se non addirittura sottovalutati o ignorati.
Il narratore di questa storia, che è lo stesso Francesco ormai adulto, ricorda quei giorni angoscianti della sua infanzia, l’incontro con la paura e con la morte, la presa di coscienza di non potersi fidare degli adulti, e le numerose domande che – anche dopo il ritrovamento di Christian – non troveranno risposta né nell’immediato né parecchio tempo dopo.
Sfondate la porta ed entrate nella stanza buia è la frase che Alfredino, già delirante prima di morire, aveva pronunciato più volte, ma in fondo – come ci dice il narratore – è una inconsapevole metafora di molto altro, e certamente di quella fase della vita che rappresenta il passaggio spesso traumatico tra l’infanzia ‘beata’ e il primo incontro con la durezza e la complessità del mondo.
Che dire? Ho letto il libro di Macioci tutto d’un fiato in un viaggio A/R da Roma a Napoli, e mi è rimasto appiccicato addosso per la pastosità della scrittura e la forza del tema, dentro il quale c’è la grande capacità dello scrittore di interpretare i sentimenti di un sé (per quanto di finzione) bambino.
Un libro certamente da leggere.
Voto: 4/5
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