Sembrava una felicità / Jenny Offill; trad. di Francesca Novajra. Milano: Enne Enne Editore, 2015.
Approfittando di un viaggio in treno verso Venezia - in un periodo per me piuttosto avaro di letture perché arrivo a sera veramente stanca - prendo in mano questo libro di un editore cui sono molto affezionata perché mi/ci ha fatto scoprire la bellezza della scrittura di Kent Haruf.
Anche in questo caso la scelta dell'editore Enne Enne è tutto fuorché banale, nonostante la semplicità della storia raccontata dalla Offill. La protagonista è una donna che sembra non avere intenzione di seguire le orme di tutti - ossia sposarsi e fare dei figli - per perseguire ambizioni personali e lavorative. Un giorno però incontra un uomo che le fa cambiare idea e con cui - dopo aver perso un figlio in una prima gravidanza - avrà una bambina. Ci saranno momenti felici e progetti, ma - in una parabola già tante volte conosciuta direttamente o indirettamente - a un certo punto la coppia va in crisi: il marito ha un'altra donna più giovane e non sembra esserci alternativa alla separazione. In realtà i due rimarranno insieme e a poco a poco e con fatica ricostruiranno un rapporto e rimetteranno insieme la loro vita in comune.
Che cosa c'è di originale nel libro della Offill? Fondamentalmente la scrittura.
L'autrice procede per periodi brevi e sganciati l'uno dall'altro, inframmezzati da citazioni e pillole di sapere scientifico. Per le prime 30-40 pagine si ha la sensazione di essere completamente disorientati e persi nella scrittura della Offill. Non si capisce il nesso delle cose che si stanno leggendo e si fa fatica a individuare una storia sotto il flusso di coscienza che riempie e attraversa queste pagine.
Sembra quasi di essere di fronte a un puzzle in cui le parti completate sono talmente poche che il disegno d'insieme risulta ancora indistinguibile e riusciamo a cogliere solo alcuni particolari.
A poco a poco però le tessere del puzzle vanno a posto e quasi magicamente il tutto prende forma e significato, anche quanto ci appariva lì per lì fuori contesto.
A un certo punto però ci si trova di fronte un altro stacco che destabilizza il lettore.
La narrazione - che è iniziata in prima persona -, al momento in cui la coppia va in crisi a causa del tradimento del marito, vira alla terza persona e la protagonista parla di sé stessa come della moglie, quasi a prenderne le distanze, a riconoscerne l'estraneità, nel momento in cui è più forte il sospetto di aver fatto delle scelte sbagliate e di aver rinunciato ai propri sogni per inseguire un progetto familiare.
Il tutto si ricompone nelle ultime pagine lasciando il lettore non del tutto pacificato e con un sapore un po' amaro in bocca. Inevitabile la riflessione sulle scelte cui la vita ci mette continuamente di fronte e che portano con sé nuovi progetti e felicità che non avremmo vissuto, ma anche rinunce e difficoltà.
Questo straordinario dono che l'evoluzione ha conferito all'essere umano, ossia il fatto che la sua vita non è dettata esclusivamente dall'istinto, è una grande opportunità, ma per certi versi lo condanna a dover fare continuamente i conti con l'alternativa che non abbiamo scelto e a doversi sempre ricordare quanto la scelta che abbiamo fatto ci ha regalato.
Voto: 3,5/5
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