Leggenda privata / Michele Mari. Torino: Einaudi, 2017.
Di Michele Mari ho letto fin qui solo Verderame, libro che mi ha permesso di entrare nell'originale universo linguistico dello scrittore e che mi ha creato innumerevoli curiosità in merito alla persona che si cela dietro questa scrittura.
So che per molti lo stile iper-ricercato e a tratti arcaico di Mari risulta respingente - e lo posso capire; a me il suo stile, superate le resistenze iniziali, affascina e suscita interrogativi. Sarà per questo che il secondo libro di Mari che ho deciso di leggere è Leggenda privata, una specie di anomala autobiografia dello scrittore, scritta quasi come un libro dell'orrore.
Lo scrittore è infatti alle prese con dei mostri-fantasmi che abitano nella sua casa e che appartengono a non meglio precisate Accademie letterarie. I fantasmi del piano di sopra e di quello di sotto pretendono da lui che scriva un'autobiografia e una storia della sua famiglia come si conviene, magari anche indugiando su quegli episodi e vicende che possano soddisfare la curiosità morbosa dei lettori.
Di malavoglia Michele Mari decide di accontentarli e, una volta avviata la scrittura, va avanti perché i fantasmi gli fanno avvertire la loro presenza ogni qual volta lo scrittore sembra voler abbandonare il progetto o va in direzioni a loro non gradite.
Se dunque vi aspettate una storia familiare scritta in modo tradizionale e in rigoroso ordine cronologico siete nel posto sbagliato, ma se volete capire la complessità e la "follia" di questo autore allora avete scelto il libro giusto.
Non mancano nel libro di Mari i riferimenti ai suoi genitori, Enzo Mari, il famosissimo designer, una figura paterna ingombrante e a tratti disturbante, e Iela Mari, al secolo Gabriela Ferrari, disegnatrice e scrittrice anch’essa di spicco, ma donna e madre fragile e tendente alla depressione. Michele è - a suo dire - il risultato di un momento di passione tra due persone inadatte a condividere la vita e infatti destinate a separarsi.
Michele cresce diviso tra questi due mondi, quelli dei suoi genitori e quelli - altrettanto diversi - delle rispettive famiglie, che rappresentano in modi diversi il meglio e il peggio dell'universo culturale italiano tra gli anni Sessanta e Settanta. Mentre il Michele pre-adolescente fantastica sulla ragazzina ignorante e campagnola che durante l'estate aiuta nella trattoria di paese dove trascorre le vacanze, il mondo familiare a cui appartiene lo mette a contatto con scrittori, intellettuali, cantanti, poeti e premi Nobel, e con una filosofia di vita che non conosce leggerezza e non ammette cadute e contaminazioni.
Leggere questa autobiografia - inevitabilmente selettiva come la memoria non può che essere e come lo stesso Mari tiene a sottolineare – e guardare le foto che la corredano mi ha fatto venire in mente altre vite, diverse e lontane da quelle di Mari, ma che mi hanno fatto riflettere su cosa voglia dire crescere facendo i conti con genitori e ambienti culturali importanti. Penso per esempio nell'ambiente cinematografico a Louis Garrel, cresciuto in una famiglia che respirava il cinema e frequentava l’humus culturale parigino degli anni Ottanta e Novanta, un figlio impregnato di quella cultura e destinato in qualche modo a ereditarla ma anche a sconfessarla.
Così è per Michele che sceglie Lettere quando invece il padre lo vorrebbe suo erede, e lo fa per vocazione ma anche per prendere le distanze da cotanto genitore, e che fa propria una serietà quasi esagerata interiorizzando l’idea che le persone intelligenti non possano essere felici, come sua madre gli aveva dimostrato per tutta la vita. È per questo che, pur in modi più o meno eccentrici, lo scrittore che è diventato racchiude tutti gli stimoli – positivi e negativi – che l’ambiente in cui è cresciuto gli ha trasmesso.
Uscirete da questo libro un po’ scombussolati e con la sensazione di non aver capito proprio tutto – ma questo è del tutto normale con i libri di Mari, che sembrano infatti coltivare un sadico desiderio di confondere le carte al lettore – però con un moto d’affetto nei confronti di quest’uomo, che in fondo dalla sua infanzia e giovinezza sarebbe potuto venir fuori molto peggio di così.
Voto: 3,5/5
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