Il romanzo di Louisa May Alcott è un classico assoluto su cui generazioni di adolescenti - soprattutto di sesso femminile purtroppo - si sono formate e ognuna di queste generazioni ha avuto una trasposizione cinematografica che ha tradotto in immagini in movimento le avventure della famiglia March.
L’ultima trasposizione risale al 1994 e si è avvalsa di un cast di eccezione: da Susan Sarandon a Winona Ryder, da Claire Danes a Christian Bale. Decidere oggi di riprendere in mano il romanzo della Alcott e riproporlo al cinema è sicuramente una sfida impegnativa che espone a un confronto non certo semplice e spesso viziato da componenti affettive ed emotive, e l'operazione rischia di essere tacciata o di scarsa originalità o di eccessiva modernizzazione.
Ma Greta Gerwig (già apprezzata per la regia di Lady Bird) è evidentemente una che non si arrende di fronte alle sfide e che anzi ama affrontarle a viso aperto, anche affidandosi ad attori che apprezza e con cui ha un feeling particolare come Saoirse Ronan.
La Ronan è una Jo luminosa che attraversa e riempie lo schermo conferendo spessore e senso a ogni scena. Non avrei potuto pensare a un’interprete migliore per l’eroina della Alcott, che in fondo è anche - come nel film viene suggerito - l’alter ego della Alcott, nonché della regista, prototipo di tutte le donne intelligenti, ambiziose, talentuose e intraprendenti che non smettono di inseguire i propri sogni e che lottano per farsi largo in mondi che - seppure in modi diversi - restano nel tempo conservatori e maschilisti.
La Gerwig decide di partire proprio da una Jo adulta (per intendersi, quella di Piccole donne crescono), una Jo determinata a perseguire il suo progetto di scrivere e di vivere della scrittura, e da qui la narrazione si sviluppa su due piani temporali che si alternano: quello del presente della Jo adulta che vive a New York, ma che decide a un certo punto di tornare a Concord perché la sorella minore Beth sta male, e quello del passato (sette anni prima) che viene riportato in vita prima attraverso i ricordi e poi attraverso la scrittura della stessa Jo.
Questi due piani temporali sono trattati registicamente in maniera piuttosto diversa: mentre infatti il presente è più asciutto e realistico, il passato - rivissuto attraverso i ricordi e trasfigurato da una scrittura finalizzata alla pubblicazione di un romanzo - isulta inevitabilmente più edulcorato, quasi caramellato persino nei colori e nelle atmosfere. (Attenzione SPOILER!) La Gerwig aggiunge la propria ciliegina sulla torta quando, nelle ultime scene, rende esplicito che il finale del libro in cui Jo e Friedrich (che nel film non a caso non si chiama Bhaer come nel libro, ma Dashwood come il suo editore) si dichiarano il proprio amore è una concessione alle richieste dell’editore, in cambio della quale Jo contratta una percentuale più alta sulle vendite e il mantenimento dei diritti d’autore.
Tutti i componenti del cast supportano in maniera egregia l’impianto del film, accettando anche quel registro un po’ sopra le righe che caratterizza in particolare gli anni in cui le sorelle March condividono la casa di Concord, ma una menzione particolare - oltre alla già citata Saoirse Ronan - va fatta per Florence Pugh, splendida Amy che riesce nel non facile compito di rifulgere tanto quanto Jo e di rappresentarne il vero alter ego.
Visivamente e registicamente mi è piaciuto decisamente di più il piano narrativo del presente, mentre ho trovato il passato meno coinvolgente ed emotivamente meno riuscito. Sicuramente qua e là si notano alcuni difetti e ingenuità di regia (penso ad esempio all’insistito ralenti della prima parte del film), ma devo anche ammettere che alcune scene sono visivamente eccezionali, in alcuni casi per la loro grandiosità (penso a quella della partenza di Amy e Laurie e della loro reciproca dichiarazione davanti all’enorme palazzo signorile), per la loro vivacità (ad esempio la scena sulla spiaggia con gli aquiloni) o per la loro intimità (bellissima in particolare la scena in cui Jo e Beth sono sulla spiaggia e Jo legge alla sorella il suo racconto).
Nel complesso Piccole donne della Gerwig non è un capolavoro, ma è un film godibile e coraggioso, e la Ronan si conferma una grande attrice.
Voto: 3,5/5
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