La stagione teatrale purtroppo già volge al termine e si fa più rarefatta, così io e F. viviamo queste ultime occasioni di andare a teatro prima della pausa estiva come una circostanza quasi eccezionale. Vero è che questo maggio sembra quasi novembre e noi già stiamo cominciando a individuare date per alcuni spettacoli del prossimo autunno, ma resta il fatto che Le regole per vivere è l'ultimo spettacolo della stagione dell'Ambra Jovinelli, nonché la prima produzione realizzata dal teatro stesso.
Le regole per vivere è un testo della drammaturga inglese Sam Holcroft che in patria ha avuto molto successo e che ora viene proposto agli spettatori italiani nella traduzione e adattamento (invero perfetti) di Fausto Paravidino, per la regia di Antonio Zavatteri.
Il cuore della narrazione è un topos tra i più utilizzati, quello di una famiglia che si ritrova intorno a un tavolo per un pranzo di festa, pranzo che - iniziato con le migliori intenzioni - si trasforma in un incubo e nell'occasione per rivelare verità fin lì celate.
Lo spettacolo inizia con la proiezione su uno schermo di filmini familiari anni Settanta, quelli che tutti noi abbiamo negli archivi familiari e che mostrano le immagini di famiglie felici, feste, bambini, giochi e alberi di Natale. Lo schermo poi si solleva a scoprire un palco in cui ritroviamo la stessa famiglia molti anni dopo per un pranzo di Natale. I due figli sono ormai adulti, Adamo è sposato con Giovanna e ha una figlia che si chiama Emma, Matteo ha con sé la fidanzata Carola, e nel frattempo arriva mamma Elide, in attesa che il capofamiglia venga dimesso dall'ospedale e possa raggiungerli alla tavola natalizia.
La rimpatriata porta a galla le tensioni e le idiosincrasie familiari di ciascuno dei membri della famiglia (e di quelli aggiunti), e l'incontro tra queste idiosincrasie ben presto innesca una reazione a catena che scatenerà il caos, rivelando che niente è come sembra e che l'armonia familiare è solo un'apparenza.
Fin qui potrebbe trattarsi di una storia già vista e sentita mille volte; l'originalità della commedia della Halcroft sta però nel fatto che le idiosincrasie dei personaggi vengono esplicitate e rese visibili allo spettatore sotto forma di regole scritte sullo schermo che campeggia sul palcoscenico. Ad esempio, viene presto rivelato che Matteo ha bisogno di sedersi e di mangiare per mentire, ma questa regola viene disinnescata quando qualcuno gli fa un complimento, mentre Adamo fa le vocine e utilizza nomignoli per ironizzare sugli altri, acquietandosi solo quando la colpa viene data a qualcun altro. E così via.
Il fatto è che lo schermo con le "regole" segue l'andamento della narrazione e le regole compaiono o scompaiono di volta in volta a seconda che siano attive o disattivate, cosicché accade che lo spettatore si trova in una posizione di vantaggio, una specie di "spettatore onnisciente" che sa dei personaggi più di quello che ciascuno di loro sa degli altri e forse anche di sé stesso. Con l'inevitabile conseguenza dell'ingenerarsi di una serie di situazioni comiche e surreali, che danno alla commedia un ritmo indiavolato all'interno di un meccanismo quasi ad orologeria.
Perfetto per una serata grigia che aveva bisogno di un po' di divertimento.
Voto: 3/5
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!