Prima di ascoltare Minus, il disco da solista con cui Daniel Blumberg ha conquistato i primi posti nelle classifiche dei migliori dischi del 2018, non avevo mai sentito nominare questo musicista. E fin dal primo ascolto ho desiderato fortemente ascoltarlo dal vivo. Non immaginavo che l'occasione sarebbe arrivata così presto grazie ai ragazzi di Unplugged in Monti, che dimostrano di essere sempre sul pezzo e sperimentano con questo concerto una nuova sede, l'Auditorium dello Spin Time Labs.
In attesa del concerto riascolto l'album, ma solo il giorno prima, grazie alla mia amica F., realizzo che Blumberg era il frontman degli Yuck, e che questa è stata solo una delle sue tante collaborazioni e vite musicali, a testimonianza di un'irrequietezza che lo ha portato a sperimentare progetti musicali molto differenti l'uno dall'altro, ma fin qui mimetizzandosi e quasi nascondendosi dietro questi progetti.
Con Minus il musicista esce finalmente allo scoperto. Dal punto di vista personale - come molti hanno messo in evidenza - i testi di queste canzoni sono il perfetto rispecchiamento non soltanto di un momento della vita di Blumberg (la difficile fine di una storia), ma anche di una condizione soggettiva di instabilità emotiva e psichica (che lo ha portato anche a un ricovero). Tutto questo si traduce a livello musicale in una trama sonora in cui la componente melodica e a tratti romantica si trasforma sistematicamente in ripetizione ipnotica e ossessiva, ovvero in distorsione, rumore e distonia, e gli strumenti musicali (il pianoforte, la chitarra elettrica, il contrabbasso, il violoncello, il violino) passano continuamente da un uso tradizionale a un uso sperimentale che attinge a tutte le loro possibilità sonore ed espressive, affiancati dai mille altri oggetti utilizzati per produrre suoni o rumori capaci di armonizzarsi con l'insieme.
Questo complesso insieme di elementi trova la sua massima realizzazione dal vivo, e posso ben dirlo dopo aver assistito al concerto allo Spin Time Labs.
Blumberg si fa accompagnare in questo tour da due incredibili musicisti, il violinista Billy Steiger (capace di far emettere al violino qualunque tipo di suono) e il contrabbassista Tom Wheatle (che sembra zio Fester, ma usa il contrabbasso in un modo indescrivibile e unico, e dimostra di essere in grado di ottenere straordinari risultati anche dal pianoforte e forse pure da altri strumenti). Come Blumberg ci dice nella bella intervista pubblicata su Il Manifesto, si tratta di due dei musicisti che ha conosciuto nell'ambiente del Cafe OTO di Londra, che è diventata negli ultimi anni la sua casa musicale.
Che dire? Il primo impatto oscilla tra il grottesco e l'inquietante. I tre sembrano usciti direttamente da un istituto psichiatrico. Blumberg con la sua aria dinoccolata e il suo berretto calato fin sopra gli occhi, la sua postura completamente ripiegata su sé stessa, il suo dare le spalle al pubblico non solo quando è seduto al pianoforte, ma anche quando è in piedi e imbraccia la chitarra; Wheatle con la sua giaccona larga color panna e i pantaloni altrettanto larghi arrotolati a metà del polpaccio, e il suo volto che Lombroso avrebbe identificato con quello di un serial killer; Steiger con la sua camicia nera a pois bianchi (che sembra uscita dal film Kusama Infinity), il quale - senza scarpe ma con i calzini - allarga progressivamente il suo raggio di azione fino a spostarsi in mezzo al pubblico.
Il concerto è un infinito flusso di coscienza, una specie di seduta psicanalitica di quasi due ore, in cui si viene completamente inghiottiti, anche perché non c'è soluzione di continuità a livello musicale; i brani si fondono l'uno nell'altro, si interrompono bruscamente e poi ritornano, al punto da diventare quasi completamente irriconoscibili. Le melodie sono interrotte da rumori prodotti col sintetizzatore ovvero con gli oggetti in scena, da una filastrocca cantata svogliatamente, da una chitarra elettrica disturbante ad altissimo volume, dal suono di un piccolo flauto, dal trillo di una campanella che i musicisti a turno calciano per farla suonare.
A un certo punto sul palco resta da solo Blumberg, mentre Steiger è in mezzo al pubblico che produce strani suoni con il suo violino, e Wheatle è nel retro del palco che produce rumori sinistri con chissà cosa e a un certo punto accompagna l'esecuzione con il rumore di un aspirapolvere acceso. Poi, sparisce dal palco anche Blumberg che torna a più riprese con dei palloncini, tra cui alcuni rossi a forma di cuore, che farà scoppiare a uno a uno, facendone una componente della sua performance musicale.
Impossibile dire quanto dell'esecuzione musicale è stata programmata e quanto è il frutto dell'improvvisazione e della libera invenzione del momento da parte dei tre musicisti. La cosa incredibile e impressionante è che - a meno che non siano loro stessi a voler produrre distonia pura - le loro individuali improvvisazioni riescono sempre ad amalgamarsi in un insieme che sul piano sonoro mantiene un senso compiuto.
Di fronte a uno spettacolo come quello offerto da Blumberg si può oscillare alternativamente tra l'esaltato e l'inorridito, tra l'entusiastico e il perplesso, ma certamente si esce consapevoli di aver assistito a una vera performance musicale, un vero live, magari con i suoi difetti e le sue cose non perfettamente riuscite, ma comunque uno spettacolo unico che nessun ascolto in cuffia può sostituire.
Alla fine del concerto Blumberg saluta un tale Sasà, una specie di guru vestito di bianco in prima fila, e si va a nascondere dietro le quinte, sicuramente sfiancato da un'esposizione pubblica che se da un lato probabilmente lo esalta, dall'altro lo devasta.
F. si chiede quanto ci sia di costruito nel suo modo di stare sul palco, insomma quanto interpreti il personaggio del genio musicale disturbato; io personalmente sono abbastanza convinta del fatto che quello che abbiamo visto e ascoltato è Daniel Blumberg, esattamente com'è anche nella vita di tutti i giorni, ma Daniel appartiene a quella schiatta di artisti geniali, sregolati e folli che nell'arte (nel suo caso la musica, ma anche il disegno - una sua mostra è attualmente in corso ad Amburgo) possono trovare la loro valvola di sfogo e salvezza o il buco nero nel quale inabissarsi definitivamente senza riuscire più a uscirne.
Per tutti questi motivi assistere a un concerto di Daniel Blumberg è al contempo un'esperienza destabilizzante e unica.
Voto: 4/5
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!