Il fosso / Herman Koch; trad. dall'olandese di Giorgio Testa. Vicenza: Neri Pozza, 2017.
L'ultimo libro di Herman Koch non mi ha conquistata. E dire che l'avevo comprato con grandi aspettative, visto che avevo molto amato Villetta con piscina e La cena.
Tra l'altro, l'impianto narrativo de Il fosso non è molto diverso dai romanzi precedenti, ossia un viaggio nella psiche del protagonista alla scoperta di quello che si muove al di là dell'immagine esterna e dentro i labirinti emotivi che eventi più o meno significativi scatenano nella vita di un individuo. Inoltre, anche in questo caso, la storia del singolo è un'occasione per riflettere sulla società olandese e per smontare - uno alla volta - tutti i falsi miti con i quali si propone all'esterno. C'è dunque sempre un parallelismo tra individui e società in questa discrasia tra l'immagine pubblica e la realtà delle cose, quest'ultima certamente più complessa, più contraddittoria e controversa.
Qui il protagonista è Robert Walter, sindaco della città di Amsterdam, apprezzato e stimato, sposato con Sylvia (che però - come lui stesso ci spiega - è un nome di fantasia perché non vuole rivelare la nazionalità della moglie in modo da evitare pregiudizi) e padre di un'adolescente, Diana, con due genitori molto anziani ma in buona salute e un amico storico.
La sua è una vita normale, ci si potrebbe azzardare a dire una vita felice e di successo. A un certo punto però, una sera, Robert vede sua moglie chiacchierare con l'assessore Maarten van Hoogstraten e poi ridere di gusto rovesciando la testa all'indietro. Si insinua così in Robert il tarlo che sua moglie lo tradisca con l'assessore e di lì in poi il nostro protagonista comincia a leggere tutti gli eventi e i comportamenti della moglie in questo senso per individuare ogni più piccolo indizio, arrivando a rileggere persino gli eventi del passato sotto questa nuova luce.
Sarà l'inizio di una discesa agli inferi di se stesso e della propria vita, coadiuvato da una serie di avvenimenti intorno che contribuiscono al suo processo di destabilizzazione: la decisione dei suoi genitori di togliersi la vita per finirla essendo ancora autosufficienti, la malattia e il suicidio del suo migliore amico, le vicende politiche che gli sfuggono di mano e i media che vanno a frugare nel suo passato, la scoperta che la società olandese è molto meno virtuosa di quanto appaia.
Di materiale per costruire un grande romanzo ce ne sarebbe parecchio, sebbene il cuore narrativo resti oggettivamente un po' esile e non produca grandi sviluppi.
Se dunque gli altri romanzi li avevo a dir poco divorati, qui le pagine scorrono a fatica (forse anche per la contingenza e la stanchezza del momento) e ai miei occhi la narrazione resta poco incisiva e priva di un vero mordente, se non a tratti. Paradossalmente mi resta addosso la sensazione che le parti migliori di questo romanzo siano quelle che hanno per protagonisti i personaggi secondari e in generale la società olandese, mentre il ritmo si fa più faticoso quando Robert parla di quello che lo riguarda più direttamente.
Dal mio punto di vista non certamente l'Herman Koch migliore.
Voto: 2,5/5
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