Voci fuori campo / Ali Smith; trad. di Federica Aceto. Roma: Edizioni SUR, 2017.
Ci ho messo un bel po' a leggere questo curioso libro di Ali Smith, scrittrice che avevo scoperto in quanto candidata nel 2017 al Premio Strega Europeo e che aveva catturato la mia attenzione in un'intervista che avevo sentito. Cercando notizie sui suoi libri, ero stata attirata in particolare dalla storia raccontata in Voci fuori campo.
Gli Smart sono una famiglia composta da Eve, una scrittrice in crisi di ispirazione dopo una serie di libri di successo, Michael, il suo secondo marito, professore universitario con il debole per le giovani studentesse, Magnus, il figlio adolescente che si sente in parte responsabile per il suicidio di una compagna di scuola, Astrid, la figlia che guarda il mondo attraverso una telecamera che porta sempre con sé.
Mentre l'intera famiglia Smart trascorre le vacanze in una casa in affitto nel Norfolk sbuca quasi dal nulla una giovane donna, Ambra, che riesce a entrare nelle grazie di tutti e trascorre un periodo con loro.
Ambra, una figura misteriosa, di cui sappiamo pochissimo, si rivela contemporaneamente la salvezza e la rovina di tutti. Alla vita di ognuno conferisce il senso di cui ha bisogno, ma nel farlo mette in crisi gli equilibri individuali e familiari spingendo le loro vite verso il momento della verità con se stessi e con gli altri, il momento zero, la tabula rasa da cui ciascuno dovrà ripartire.
Ambra è il deus ex machina che smuove un'inerzia ormai cronicizzata e lo fa non solo in presenza, ma soprattutto, e ancora di più, quando esce dalla vita degli Smart (misteriosamente come vi era entrata), costringendoli a fare i conti con quanto ciascuno di loro ha scoperto di se stesso.
C'è molto di enigmatico nonché una vena di follia nel romanzo di Ali Smith, che si manifesta anche attraverso un uso creativo e persino grafico della lingua. Un plauso speciale va dunque all'editore e alla traduttrice Federica Aceto per essere riusciti nell'impresa impossibile di rendere nell'edizione italiana giochi di parole, costrutti, rime e disposizioni delle parole nelle pagine, che sono parte integrante del senso del libro.
Il cinema e le sue storie fanno da elemento connettivo della narrazione: Ambra – che è l'unica che parla in prima persona, mentre negli altri capitoli il punto di vista, in terza persona, è a turno quello dei componenti della famiglia Smart - dice di essere stata concepita in un cinema e nel libro non mancano i riferimenti al mondo del cinema nonché un capitolo che, attraverso un ininterrotto flusso di parole, ricostruisce la storia del cinema dai primordi.
A volte ci si perde nella prosa di Ali Smith, talvolta si ha anche la sensazione del nonsenso e l'idea che la fantomatica Ambra non stia prendendo giro solo la famiglia Smart ma anche noi lettori.
L'effetto è piuttosto spiazzante e certamente originale.
Non è nuovo il tema della famiglia disfunzionale – che qui a tratti produce effetti piuttosto angoscianti – mentre è invece decisamente nuovo il modo in cui Ali Smith utilizza questo topos trasformandolo in qualcosa di diverso.
Non esattamente il genere di romanzo che preferisco, ma un'esperienza di lettura che sono contenta di aver fatto.
Voto: 3/5
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