Al Teatro Vittoria va sicuramente riconosciuto il merito di avere un cartellone vario e di dare spazio a rassegne ambiziose e innovative. Una delle rassegne proposte quest'anno è quella intitolata "Le donne erediteranno la terra", che ospita spettacoli dedicati a donne che hanno fatto la storia dell'umanità.
Io e F. decidiamo di andare a vedere La fata matematica, lo spettacolo dedicato alla figura di Ada Augusta Byron Lovelace, figlia del grande poeta romantico Lord Byron, matematica, che insieme a Charles Babbage lavorò alla cosiddetta "macchina analitica" (che non venne però mai realizzata) e comprese che - attraverso un adeguato linguaggio di programmazione - sarebbe stato possibile far fare alla macchina molto di più dei calcoli numerici.
Al sodalizio intellettuale e umano tra questi due grandi scienziati è stato persino dedicato un graphic novel dal titolo The thrilling adventures of Lovelace and Babbage. The (mostly) true story of the first computer di Sydney Padua, che però purtroppo non mi pare che sia stato tradotto e pubblicato in italiano.
Lo spettacolo viene introdotto sul palco dalla regista e autrice del testo, Valeria Patera, che ci ricostruisce brevemente il contesto storico nel quale si muoveva Ada Lovelace e ci racconta un po' di cose di questa figura, spiegandoci anche il perché del titolo di questo spettacolo (si trattava del nomignolo che Babbage attribuiva ad Ada).
Lo spettacolo si configura come un lungo monologo di un'Ada Lovelace ormai alla fine della sua vita (a causa di un cancro all'utero), che in qualche modo si racconta e fa un bilancio del passato, ricordando i rapporti con i suoi genitori e con le persone che l'hanno circondata, il marito, gli amanti e soprattutto il suo compagno di studi e non solo, Charles Babbage.
Il monologo affidato alla voce e alle movenze di Galatea Ranzi è in alcuni casi intervallato da proiezioni sulla scenografia di fondo di immagini evocative delle ricerche della Lovelace, nonché di ricordi di momenti del passato sotto forma di video.
Sarà che ero un po' stanca, ma - pur considerando coraggiosa e interessante l'iniziativa della regista - ho trovato lo spettacolo piuttosto monocorde e poco coinvolgente, e la recitazione enfatica della Ranzi non mi ha aiutata.
All'uscita dal teatro, io e F. riflettevamo insieme sul fatto che questo tipo di spettacoli per essere davvero riusciti devono poter contare su un testo e su un'attrice di alto, se non altissimo, livello (vedi a titolo di confronto lo spettacolo Elena con testi di Ghiannis Ritsos e interpretato da Elisabetta Pozzi). In assenza di una o di entrambe queste componenti il rischio di uno spettacolo piatto è molto elevato.
E purtroppo nel caso de La fata matematica il risultato è proprio questo.
Voto: 2,5/5
ogni opinione è sacra in quanto tale ma certo è che esporsi a scrivere professionalmente di teatro e poi definire"sceneggiatura" un testo teatrale, non le fa onore anzi squalifica il suo giudizio..
RispondiEliminae anche paragonare con altro spettacolo che non c'entra nulla è di un gusto davvero discutibile, insomma si direbbe che lei è una dilettante della critica d'arte anche per ché la Ranzi non un'attricetta..
RispondiEliminaLa ringrazio per le sue osservazioni. Correggerò il termine "sceneggiatura": ha ragione Lei, è un errore marchiano. Detto questo, non mi espongo a scrivere professionalmente, sono una dilettante della critica, come Lei dice, e non a caso non scrivo sui giornali o in fonti autorevoli e accreditate, ma solo sul mio blog. E dunque credo che ognuno possa decidere che peso dare alle mie recensioni che non hanno alcuna pretesa di professionalità. Sul confronto con altro spettacolo forse è una cosa di cattivo gusto, ma come scrivo nel post si trattava di chiacchiere post spettacolo. Niente di più. E non mi pare di aver scritto che la Ranzi è un'attricetta. Ciò detto, io ci metto il nome e la faccia su quello che scrivo, mentre vedo che Lei nemmeno si firma. In ogni caso, grazie. Per me il confronto e le opinioni diverse sono sacre, così come tutte le occasioni per rendermi conto di possibili errori. Sulle opinioni, come Lei dice, per loro stessa natura non ci può essere accordo tra tutti.
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