È noto che l'ultimo film di Matteo Garrone è ispirato a uno dei più conosciuti fatti di cronaca avvenuti a Roma negli anni Ottanta: la vicenda del cosiddetto "canaro della Magliana".
Ma la verità è che Garrone prende spunto da questa storia e dal suo protagonista per farne un racconto molto più personale e astratto al contempo.
L'astrazione sta nella scelta del regista di non collocare la vicenda in uno spazio e in un tempo chiaramente identificabili, da un lato creando nello spettatore un senso di straniamento, dall'altro conferendo alla storia una connotazione universale e quasi epica. Il luogo è una periferia urbana abbandonata non lontana dal mare, dove la fanno da padroni palazzi in cattivo stato di manutenzione e costruzioni non finite, spazi comuni in degrado e locali di slot machine e "Compro oro". La gente parla in parte con accento romanesco, in parte campano, e si muove in un'epoca indefinita che per certi versi potrebbero essere gli anni Ottanta ma per molti altri non può che essere la contemporaneità.
Marcello (splendidamente interpretato da Marcello Fonte, capace di trasmettere pensieri e sentimenti solo con uno sguardo, meritatamente vincitore a Cannes) ha un piccolo negozio di toelettatura per cani. Lo squallore quotidiano dal punto di vista estetico e umano nel quale vive è squarciato e illuminato dai suoi due grandi amori: quello per la figlioletta Alida, con cui passa tutto il tempo che può e con cui condivide la passione per l'esplorazione dei fondali marini e la partecipazione alle mostre canine, e quello per i cani, dai piccoli ai grandi, dai docili agli aggressivi, con cui Marcello ha un feeling particolare e cura con una tenerezza che strappa il cuore.
Marcello - pur anomalo nella sua naïveté alla Buster Keaton - non è estraneo all'ambiente nel quale vive e alle sue leggi: spaccia cocaina e partecipa - seppure non sempre di buon grado - a piccole azioni criminali, ma sembra farlo fondamentalmente per non dire di no agli amici e per mettere insieme i soldi per fare dei regali a sua figlia e renderla felice. Nel quartiere è perfettamente integrato nonché benvoluto per la sua lealtà e la sua mitezza, nonostante la sua amicizia con Simone, un ragazzone grande e grosso, cocainomane, ex pugile, che si fa rispettare a suon di botte e semina il terrore nel quartiere, rendendo la vita difficile a tutti. Marcello, però, cerca - a suo modo e in maniera sicuramente ingenua e infantile - di mantenere tutto in equilibrio, subendo i soprusi di Simoncino ma restando leale nell'amicizia con lui. Fino a quando viene coinvolto da Simone nella rapina del "Compro oro" confinante con il suo negozio e finisce in galera. Uscito dalla galera l'equilibrio a lungo mantenuto faticosamente in piedi sarà inevitabilmente e definitivamente spezzato e i tentativi di Marcello di ammansire Simone, come riesce a fare con i suoi cani, anche quelli più aggressivi, risulteranno fallimentari conducendolo a un esito non voluto ma inevitabile.
Il dramma di Marcello è un bisogno profondo di amare ed essere amato, che inevitabilmente si scontra con l'universo di degrado umano e sociale nel quale vive e che trova adeguata soddisfazione solo con i "puri di cuore", sua figlia e i suoi cani, entrambi estranei e indifferenti per motivi diversi all'ambiente che li circonda.
Matteo Garrone, magistralmente supportato alla sceneggiatura da Ugo Chiti e Massimo Gaudioso e alla fotografia da Nicolaj Brüel, riesce nel non facile tentativo di donare personalità e spessore a questo personaggio e di farne - al contempo - un'icona tragica, il cui bisogno di amore e la cui umanità sono destinati a essere soffocati e resi impossibili da un contesto feroce che lo condanna alla sconfitta personale e sociale.
Il film di Garrone non indugia sulla componente violenta di questa storia, mantenendola in un mirabile equilibrio con la tenerezza e la profonda umanità che caratterizza il suo protagonista, costruendo un impianto a metà strada tra il realistico e il favolistico che risucchia lo spettatore nell'universo psicologico di Marcello, arrivando a comprenderne il percorso e a non sentirsene estranei.
Voto: 4/5
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