In occasione della visita di mia sorella e famiglia a Roma, decidiamo di andare a vedere la mostra di Hiroshige in programmazione alle Scuderie del Quirinale. Faccio il biglietto in anticipo e prenoto la visita guidata per me e per mia sorella visto che mio cognato e mio nipote hanno deciso di non venire.
Io avevo visto a suo tempo anche la mostra su Hokusai allestita presso il Museo dell’Ara Pacis e, dunque, in parte avevo cominciato a prendere confidenza con le caratteristiche della cosiddetta “arte del mondo fluttuante” (Ukiyo-e). Però resta il fatto che l’arte giapponese – come la cultura giapponese in generale – costituisce un universo talmente lontano da quello occidentale da rendere sempre necessaria una adeguata mediazione culturale, al di là del piacere estetico che i loro prodotti artistici possono suscitare.
La nostra guida – un ragazzo molto bravo, come spesso accade con le guide delle Scuderie del Quirinale – ci dice che, perfino per chi come loro ha un’ampia formazione nella storia dell’arte, l’approccio all’arte giapponese non è semplice e spesso deve essere completata dagli apporti offerti dagli studiosi della cultura orientale.
Nonostante questa difficoltà e grazie proprio alle molte chiavi di lettura che la nostra guida di fornisce riusciamo ad apprezzare questo percorso – sostanzialmente cronologico – nell’opera di Hiroshige (che scopro solo lì che si pronuncia Hiròshighe).
Dalle prime sale che propongono alcune delle prime opere di Hiroshige, quelle in cui l’artista si mette alla ricerca di un proprio stile e anche dell’oggetto del proprio interesse artistico, si passa alle sale che mettono in mostra le opere con cui l’artista è diventato famoso, ossia le 53 stazioni della Tokaido. Si tratta di 53 silografie, il cui dettaglio nel segno e nel cromatismo è sorprendente tenendo conto della tecnica utilizzata e che rappresentano scene - con esseri umani e non - relativi alle stazioni di posta e sosta lungo la strada che collegava Edo (l’antico nome di Tokyo) a Kyoto, strada utilizzata per pellegrinaggi rituali e per raggiungere la città imperiale da parte degli shogun e delle loro corti, che fu percorsa dallo stesso Hiroshige.
Nelle ultime sale del primo piano sono esposte altre silografie rappresentanti soprattutto pesci, uccelli e fiori, soggetti molto presenti anche nelle stampe giapponesi contemporanee.
Al secondo piano si ha modo di apprezzare la fase matura dell’arte di Hiroshige, quella nella quale l’artista definisce compiutamente il suo stile. Dopo una prima sala a soggetto satirico o ispirato a storie fantastiche giapponesi, nelle successive possiamo apprezzare le cento famose vedute di Edo, in cui Hiroshige sperimenta composizioni nuove, di carattere quasi fotografico, come nel caso dei close-up oppure delle scene inquadrate da elementi naturali presenti nell'immagine.
Nell’ultima sala, infine, si trovano alcune stole di seta dipinte dallo stesso Hiroshige, che ci permettono di apprezzare in modo ancora più diretto che nelle silografie le qualità del disegno dell’artista, cui nella mostra si pone particolare attenzione proponendo al pubblico anche alcuni disegni preparatori di Hiroshige che non sono stati stampati e che dunque possono ancora essere ammirati in questa forma iniziale di mano dell’artista.
Per chi ha curiosità e interesse per la cultura giapponese, mostra consigliatissima (soprattutto se con visita guidata!).
Voto: 3,5/5
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