A suo tempo il libro di Starnone mi era piaciuto molto. Così quando ho visto in programmazione al Teatro Piccolo Eliseo l’adattamento teatrale del testo con protagonista Silvio Orlando ho proposto ad alcune amiche di andare a vederlo e ci siamo assicurate i biglietti, che sono andati rapidamente esauriti per tutto il periodo di programmazione.
Lo spettacolo è in buona parte fedele al testo originario.
La scenografia in cui vengono messe in scena le tre parti in cui si articola il romanzo è sempre la stessa, ossia la casa dove vivono Aldo e Vanda, sua moglie, una specie di salone con due grandi finestre e arredi e soprammobili tutti grigi.
Il primo atto vede protagonista la moglie di Aldo, attraverso le lettere inviate al marito durante i quattro lunghi anni della loro separazione, dovuta al fatto che Aldo si era innamorato della giovane Lidia. Sul palco, mentre lo stesso Aldo sta seduto su una sedia intento a leggere le lettere, sua moglie, vicina ma distante, le interpreta con grande carica emotiva.
Nel secondo atto siamo catapultati avanti nel tempo, di nuovo nella casa di Aldo e Vanda ormai vecchi, per l’esattezza in occasione del loro ritorno a casa da una vacanza che li mette di fronte alla sgradevole sorpresa di trovare la casa completamente sottosopra, forse visitata dai ladri.
Mentre Vanda dorme, Aldo insieme al vicino di casa mette a posto il disordine della sala e nel frattempo racconta all’amico il suo punto di vista sui quattro anni di separazione dalla moglie e i motivi che lo hanno portato a tornare a casa, nonostante l’amore mai dimenticato per Lidia.
Infine, il terzo atto ci riporta ancora una volta in casa, dove arrivano i due figli di Aldo, Sandro e Anna. Comprendiamo fin dalle prime battute che la narrazione ci ha riportato questa volta indietro nel tempo, mentre Aldo e Vanda sono ancora in vacanza e Sandro e Anna si sono dati appuntamento in casa dei genitori apparentemente per occuparsi del gatto, Labes, ed in realtà per parlarsi visto che è da tempo che hanno interrotto la comunicazione tra di loro.
A poco a poco i due si ritrovano risucchiati nei ricordi di quei quattro anni in cui il loro padre li ha abbandonati e tirano fuori tutti i rancori che non hanno mai superato nei confronti dei genitori.
Il risultato della messa in scena è certamente apprezzabile, ma dopo il secondo me folgorante avvio del monologo di Vanda che interpreta le lettere al marito mi pare che la complessità e la potenza che a tratti caratterizza il romanzo di Starnone finiscano appiattiti e in un certo senso attutiti nel secondo atto dello spettacolo, in cui il lungo monologo di Aldo presente nel libro viene trasformato – sicuramente per rendere la messa in scena meno statica – in un dialogo tra Aldo e il suo vicino di casa, il quale tra l’altro fa da contrappunto ironico e dunque inevitabilmente contribuisce a togliere pathos alla lunga confessione del protagonista.
Inoltre, a parte il monologo iniziale di Vanessa Scalera, forse un po’ carico dal punto di vista della recitazione, ma molto efficace e coinvolgente, per il resto la recitazione degli attori sul palco non mi convince del tutto, troppo sottotono (ad esempio nel caso di Silvio Orlando che evidentemente ha letto in questo modo il suo personaggio) e troppo robotica, quasi ingessata, nel caso degli altri personaggi.
Insomma esco dal teatro non scontenta di aver visto lo spettacolo, che sicuramente resta comunque meritevole, ma delusa da quello che avrebbe potuto essere e secondo me non è stato fino in fondo in questo adattamento.
Voto: 3/5
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