È uno di quei sabati di cielo grigio e di umore altalenante, quei giorni in cui non sai nemmeno tu che cosa hai voglia di fare e rimarresti chiusa in casa senza combinare nulla. Per fortuna riusciamo a buttarci fuori di casa per arrivare in centro al Nuovo Olimpia a vedere, in lingua originale, questo film di cui parecchie persone mi hanno parlato bene e che è l’unico di quelli in programmazione in questo momento che l’umore di oggi ci consente di vedere.
Arrival, per la regia di Denis Villeneuve, è un film di fantascienza che racconta dell’arrivo sulla terra, in diverse parti del pianeta, di dodici navicelle spaziali (che in realtà assomigliano di più a sezioni di sfera color antracite). Gli alieni assomigliano a dei polipi giganti e vengono infatti definiti hectapodes e parlano una lingua sconosciuta e incomprensibile.
Per questo motivo il governo americano contatta una famosa linguista che insegna all’Università, Louise Banks (Amy Adams), dandole l’incarico, insieme a un astrofisico (Jeremy Renner), di provare a decifrare la lingua degli alieni per comprendere il motivo del loro arrivo sulla terra e le loro intenzioni nei confronti dell’umanità.
La dottoressa Banks ai primi incontri con gli alieni scopre che questi ultimi comunicano attraverso un sistema di complessi ideogrammi circolari che disegnano nell’aria grazie a una sostanza che emettono dall’estremità dei loro tentacoli. Inizia una faticosa opera di decifrazione di questa forma di scrittura non lineare in cui ciascun segno esprime un concetto complesso e articolato.
Parallelamente l’incontro con gli alieni diventa per la protagonista un viaggio alla scoperta di qualcosa di sé che le cambierà la vita per sempre.
Non posso spingermi oltre nel racconto della trama per evitare spoiler e togliere l’effetto sorpresa a chi non ha ancora visto il film.
Quello che invece posso sicuramente dire è che era da tempo che non si vedeva al cinema un film di fantascienza che, oltre ad avvincere sul piano narrativo ingaggiando un gioco intelligente con lo spettatore, intriga dal punto di vista dei contenuti scientifici e propone una riflessione non banale sul tema della comunicazione.
All’uscita dalla sala non potrete evitare di continuare a parlarne e di farvi domande per provare a capirne tutti i passaggi, allo scopo di cercarne le falle. E vi assicuro che – dentro i limiti ovviamente fantasiosi di un film di fantascienza – non riuscirete a trovarne di significative e dovrete concluderne che questo film così fortemente americanocentrico vi è decisamente piaciuto.
Voto: 3,5/5
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