Se volessi fare la snob radical chic comincerei ad elencare tutti i difetti e le semplificazioni che caratterizzano questo film di Maria Sole Tognazzi, e certamente non mi mancherebbe la materia per farlo.
E invece di Io e lei voglio parlarne bene, perché credo che - oltre ad essere un film gradevole e divertente - sia un'operazione delicatamente istruttiva, potremmo dire un'operazione di condivisibile populismo, di cui in questo paese su certi temi abbiamo bisogno. Cosa di cui mi rendo ancora più conto quando all'uscita del film ascolto commenti maschili di questo tenore: "Vabbè, in fondo tra due donne è una cosa accettabile...".
Leggo che qualche critico si lamenta del fatto che si tratti di una commedia senza originalità né guizzi, che riproduce il perbenismo che caratterizza ormai quasi tutte le commedie italiane. E potrei anche essere d'accordo se non fosse che in questo caso si tratta di una scelta del tutto consapevole e voluta, perché qui l'aspetto dirompente sta già nelle protagoniste, due donne mature (interpretate tra l'altro da due attrici famose e fortemente presenti nell'immaginario collettivo, Margherita Buy e Sabrina Ferilli) che stanno insieme da cinque anni e che vivono un momento delicato del loro rapporto di coppia. La crisi comincia quando Marina (la disinibita e popolare Sabrina Ferilli), che ha lasciato il cinema per fare l'imprenditrice, decide di tornare a recitare in un film contro il parere della sua compagna (che non ama troppo l'esposizione mediatica), mentre Federica (l'insicura e preoccupata Margherita Buy) incontra una sua vecchia fiamma, un oculista trasferitosi da poco a Roma e fresco di separazione, e tradisce la sua compagna.
La parola chiave di questo film è normalità, ossia raccontare l'amore tra queste due donne esattamente come si farebbe per un amore eterosessuale, evitando stereotipi e forzature, facendone emergere l'universalità di alcune dinamiche e contemporaneamente le difficoltà specifiche, in buona parte determinate dal contesto socio-culturale. L'unico elemento macchiettistico è il domestico filippino gay, Rolando, che però - oltre a portare una nota divertente e colorata - può essere considerato una specie di citazione.
Le due attrici sono brave, per quanto qualcuno le dica poco credibili come amanti (la Ferilli eccelle soprattutto nella sua dimensione ironica e romanesca, meno secondo me in quella drammatica, la Buy è invece perfetta nella sua recitazione "dimessa" ma intensa) e - anche se è un po' vero che i personaggi di contorno restano un po' superficiali (l'ex marito di Federica, il figlio Bernardo, l'amante Marco, la famiglia un po' coatta di Marina) - è altrettanto vero che non ci sono demonizzazioni né tentativi di creare contrapposizioni tra buoni e cattivi. Ciascuno è quello che è e fa quello come può, come accade nella vita di tutti.
Con tocco delicato e venato di ironia, gli sceneggiatori affrontano il tema con un efficace piglio nazional-popolare ma colgono anche l'occasione per sollevare alcune problematiche specifiche, portando allo scoperto difficoltà e pregiudizi che ancora oggi rendono una storia come questa (basata sull'amore e sui normali problemi di una coppia) "diversa" agli occhi degli altri e di chi - come Federica - non vuole farsi incasellare in una categoria, ma semplicemente vuole poter amare la persona di cui è innamorata senza essere giudicata.
Io l'ho trovato sopra tutto un film "sincero". E questo mi basta.
(Poi ha ragione anche Claudio Rossi Marcelli, ma credo che la decisione della regista di non portare sullo schermo l'atto sessuale faccia parte di un tentativo di sottrarsi alla morbosità e di poter parlare a tutti. Anche se di fronte a chi non riesce a uscire dai propri pregiudizi c'è poco da fare e qualunque scelta non è mai azzeccata).
Voto: 4/5
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