Dimenticatevi di Bollywood.
O anzi meglio: no, non ve lo dimenticate, perché Pan Nalin, il regista, sceneggiatore e produttore di Angry indian goddesses, non si dimentica certo quanto Bollywood condizioni l'immaginario collettivo - soprattutto occidentale - sul cinema e la società indiana, e sembra voler utilizzare alcuni dei topoi che più lo caratterizzano in chiave ironica o - in alcuni casi - per ribaltarli completamente.
Innanzitutto, in Angry indian goddesses l'occasione da cui prende avvio la trama è quella di molti film indiani (e non solo). Frieda (Sarah-Jane Dias), una fotografa di moda, sta per sposarsi e vuole intorno a sé a Goa per questo importante evento, oltre la domestica nonché amica Lakshmi (Rajshri Deshpande), tutte le altre amiche sparse per l'India: Jo (Amrit Maghera), sua cugina anglo-indiana che vorrebbe fare l'attrice di Bollywood, Mad (Anushka Manchanda), aspirante cantante depressa, Pam (Pavleen Gujral), l'amica tanto brava a scuola che ha accettato un matrimonio combinato, Su (Sandhya Mridul), la donna in carriera con una figlia, e Nargis (Tannishtha Chatterjee), l'attivista politica.
Sono le nostre dee Kali arrabbiate con l'ingiustizia e le brutture del mondo, donne forti, libere, appassionate, sentimentali, sensibili, confuse, ironiche e determinate e - a parte il fatto che parlano Hindi (e in parte inglese) - offrono un punto di vista sull'universo femminile che non sarebbe molto diverso in altre parti del mondo.
E però, queste donne sono indiane e vivono in un'India in cui il loro desiderio di essere se stesse a tutto tondo entra in conflitto con una società profondamente maschilista e con un approccio pesantemente aggressivo, prevaricante se non violento nei confronti della donna.
La dinamica interna al gruppo - pur attraversata da conflitti e rivelazioni non sempre felici né pacifiche sulle vite di ciascuna - si muove comunque su un tono spensierato e quasi goliardico, in cui il background culturale emerge a più riprese, nonché le contraddizioni che attraversano queste donne così moderne e disinibite, ma costrette o in alcuni casi desiderose di trovare un punto di incontro con il mondo dal quale provengono.
Quando però la loro femminilità dirompente esce allo scoperto la violenza sociale rende inevitabile il dramma e la condizione della donna in India appare in tutta la sua fragilità e ingiustizia, tanto da suscitare un estremo atto di ribellione di queste dee arrabbiate.
Il film di Pan Nalin, rutilante visivamente e narrativamente (tanto da fare fatica a tratti a stare dietro a tutte le storie che intreccia), e in questo fortemente debitore della tradizione indiana, sa mantenersi in equilibrio tra la commedia e il dramma, tra l'universalità di questo mondo femminile e la specificità del contesto socio-culturale a cui appartiene. Così come non ha paura di sfidare non solo i tabu della società indiana, bensì anche i pregiudizi di noi occidentali verso di essa.
Di Frieda, Lakshmi, Jo, Mad, Pam, Su e Nargis vi innamorerete tutti. Riderete con loro, piangerete con loro, vi arrabbierete con loro, come fareste con le vostre amiche di sempre, cosicché perdonerete anche i difetti di questo film.
Alla fine vi rimarrà un unico grosso interrogativo: perché e come è possibile che un film tutto al femminile come questo sia stato non solo diretto ma anche scritto da un uomo? Voglio credere nella capacità e sensibilità di Pan Nalin, e mi auguro che non sia stato sottaciuto qualche merito femminile nella scrittura di questi bei personaggi.
Comunque meritatissimi i dieci minuti di applauso e la sala tutta in piedi per regista e attrici presenti alla conclusione della proiezione alla Festa del cinema di Roma. E - per la cronaca - va detto che fin dagli straordinari titoli di testa Nalin aveva strappato il primo applauso, cosicché non mi sorprende e sono ben contenta che questo film si sia infine aggiudicato il Premio del pubblico.
Voto: 4/5
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