Ad occhi chiusi / Gianrico Carofiglio. Palermo, sellerio, 2003.
L'ho letteralmente divorato, questo secondo romanzo (dopo Testimone inconsapevole) della saga dell'avvocato Guido Guerrieri. Sarà che ultimamente non ho proprio moltissime occasioni di uscire la sera e mi sto godendo un po' di sana solitudine, sarà che sono stata presa da una pigrizia che non conoscevo da tempo, sarà invece che più semplicemente trovo emozionante la lettura di questi romanzi. Ma il risultato è che ho letto Ad occhi chiusi in meno di una settimana.
Avevo letto da qualche parte che si tratta - per molti lettori - del meno bello dei tre che hanno come protagonista Guerrieri e, dunque, probabilmente non mi aspettavo molto. E si sa, le aspettative sono una brutta cosa, mentre partire from scratch é certamente una condizione vantaggiosa.
Insomma, il fatto è che posso anche essere d'accordo sul fatto che, in questo caso, la vicenda giudiziaria è meno appassionante e - a tratti anche un po' meno credibile - ma devo dire invece che il modo in cui si aggiungono dettagli al personaggio di Guido e si traccia il suo percorso professionale e umano continua ad essere assolutamente sorprendente e a tratti commovente.
Ho trovato innanzitutto fulminante l'inizio. La vita di questa strana coppia, Guido e Margherita, il cui legame appare subito fortissimo, ma che ha deciso di mantenere degli spazi di autonomia e di sorpresa reciproca.
«Ognuno aveva mantenuto la sua casa, con i libri, i manifesti, i dischi e tutto il resto; il casino, in particolare, per il mio piccolo appartamento. [...] Spesso restavo a dormire da lei. Ma non sempre. A volte avevo voglia di guardare la televisione fino a tardi - sempre più di rado - a volte volevo leggere fino a tardi. A volte era lei che voleva dormire da sola, senza nessuno intorno. A volte uno dei due usciva con i suoi amici. A volte lei partiva per lavoro ed io restavo a casa mia. Nella sua non entravo mai, quando lei era fuori. Mi mancava già dopo qualche ora che era andata via.» (p. 14-15)
«Aspettavo che Margherita rientrasse e che mi chiamasse, per andare su da lei a cena. Mi piaceva il fatto che, pur vivendo più o meno insieme, andare da lei la sera era come uscire per un invito. Anche se si trattava di fare solo due piani a piedi. Rendeva le cose meno ovvie. Non scontate.» (p. 179)
Praticamente, quello che vado teorizzando da tempo per la sanità e la durata di una coppia... Certo, a riuscirci! ;-))
E poi come non restare a bocca aperta di fronte alla scena di gelosia di Margherita quando escono per andare a una festa a casa di amici? A dir poco esilarante, ma tenerissima allo stesso tempo. E lo scambio dei regali di Natale, con Margherita che - come dice Guido - «conosce le cose toccandole, e non solo guardandole.» (p. 152).
Così, non posso fare a meno di fare il tifo per Guido e Margherita e sperare che il loro amore resista agli eventi e continui ad alimentare di bellezza, di ironia e di tenerezza questi romanzi. Perché ha in sé proprio qualcosa di bello e di vero.
Il capitolo 11, quello in cui Guido si racconta nei due giorni in cui Margherita è partita, è di una vividezza emotiva incredibile. E mi è risultata in qualche modo familiare, perché l'ho associata mentalmente a qualcuno che conosco e che sto imparando ad amare.
«Stavo per mettermi in tuta, ma pensai che quella sera era troppo tardi anche per allenarmi a casa. Poi ero quasi soddisfatto del mio lavoro - il che mi capitava di rado - e allora non avevo neanche il senso di colpa, che di solito mi spingeva a fare a pugni con il sacco.
Così decisi di prepararmi la cena. Da quando stavo con Margherita, e spesso abitavo a casa sua, il mio frigo e la mia dispensa erano sempre ben forniti. Prima no, ma da quel momento in poi, sempre.
Mi rendo conto che può sembrare un'assurdità, ma è così. Forse era il mio modo di rassicurarmi, sul fatto che la mia indipendenza era comunque salvaguardata. Forse semplicemente, stare con Margherita mi aveva reso più attento ai dettagli; cioè alle cose più importanti. [...]
Mangiai che era quasi mezzanotte, bevendomi mezza bottiglia di un bianco siciliano a 14 gradi che avevo provato qualche mese prima in una enoteca e del quale, il giorno dopo, avevo comprato due cassette. [...]
Passai senza accorgermene dalle risate al sonno. Un sonno buono, fluido, sereno, pieno di sogni da ragazzo.
Ininterrotto, fino alla mattina dopo.» (p. 61-63)
E ancora, quanto è buffo Guido quando fa affermazioni di questo tipo:
«Se ho voglia di vedermi un'alba - talvolta capita - preferisco piuttosto restare sveglio tutta la notte e poi andare a dormire la mattina. Procedura di una qualche difficoltà, nei giorni lavorativi. Svegliarmi presto - dovermi svegliare presto - mi rende piuttosto nervoso.» (p. 83)
«Conosco l'ansia. A volte riesco anche a capire i suoi trucchi, e a batterla.
Più spesso vince lei e mi fa fare cose stupide, anche se so benissimo che sono cose stupide.» (p. 84)
«Ci sono sere in cui sai già che si prepara una notte di insonnia. Non è che ci sia un segno speciale, eclatante ed inequivocabile. Semplicemente lo sai. Quella sera lo sapevo.» (p. 109)
«A volte penso di essere socialmente inadeguato. [...] Quelli che quando incontrano per strada qualcuno cui non sanno come rivolgersi dicono: salve.» (p. 134)
Insomma, uno strano tipo questo avvocato Guerrieri, a volte astruso, lunatico, incomprensibile; uno che si porta dietro i danni dell'esistenza, ma quei danni che lo (e ci) rendono più vero/i. Uno cui ci si affeziona e si finisce per amare.
E poi ancora Bari, il quartiere Japigia, la muraglia, la città vecchia, corso Vittorio...
Sì, sì, sì, tutto questo mi appartiene proprio.
Voto: 4/5
P.S. Poi, certo, - mi direte - ci sarebbe da parlare della storia dei maltrattamenti su Martina, del personaggio di suor Claudia e così via. Ma per me è già abbastanza così. E non sento la necessità di andare oltre.
Condivido tutto quello che scrivi, Guido è un uomo ironico, cosciente dei suoi limiti, soprattutto sul versante delle relazioni. A volte è un po' goffo, specie negli approcci con l'altro sesso, ma non sembra preoccupato di sentirsi inadeguato alle situazioni.L'ironia gli permette di guardare ad alcune parti di sè con divertimento e condiscendenza, ma senza con questo crearsi alibi o giustificazioni. Un uomo onesto con se stesso? senza ansie da prestazione? sicuramente un amante dei piccoli (piccoli?) piaceri della vita, come la cucina, la musica, le letture.
RispondiEliminaA proposito di cucina, hai provato a cimentarti in qualche ricetta di quelle presenti nei libri di Carofiglio? sai quelle che Guido sperimenta nelle sue sere in solitaria, con un buon bicchiere di vino e con un adatto sottofondo musicale? io sì, e ti assicuro che sono da provare:-)
Grazie. Perché - sai - quando si scrive un post si vorrebbero scrivere tante cose, alcune restano a un livello quasi subconscio e non riescono a tradursi in parole. Quindi, quando ho letto il tuo commento ho pensato che stavi in qualche modo portando alla luce delle riflessioni che erano rimaste un po' lì in sottofondo e non avevano trovato la strada della parola.
RispondiEliminaE il suggerimento di sperimentare le ricette di Guido... Lo sai, lì per lì ci avevo anche pensato, poi me ne sono praticamente dimenticata. E ora che me lo dici, le proverò sicuramente!!
Nel frattempo, ho appena finito di leggere il terzo romanzo. Decisamente più malinconico. Comincio a pensare al prossimo post.