Ero andata a vedere il film di Carlo Verdone animata da grandi speranze e aspettandomi qualcosa di realmente diverso da quello cui Verdone ci ha abituati, viste le recensioni molto positive che avevo letto in giro.
Certamente si deve riconoscere a Io, loro e Lara una misura che spesso fa difetto a Verdone sia nella regia che nella recitazione. Si conferma la capacità di osservare con occhio ironico e critico allo stesso tempo la società e le persone che la animano, cogliendone le idiosincrasie e le caratteristiche in maniera non superficiale. Si ride anche di gusto, perché Verdone e gli attori che sceglie (vedi in particolare Angela Finocchiaro) sono capaci di una espressività e di una mimica di primordine e perché la risata non è suscitata con i soliti mezzucci squallidi cui alcuni film fanno ricorso, ma con battute intelligenti e situazioni nelle quali in qualche modo ci si riconosce.
La rappresentazione di Carlo, sacerdote missionario che torna in famiglia a Roma perché sta attraversando un momento di crisi, è lontana dal macchiettismo di alcuni personaggi da lui interpretati. I temi affrontati - seppure in maniera leggera - sono importanti: la crisi della famiglia, il razzismo strisciante, l'egoismo imperante, in un contesto di romanità così caro al regista.
Eppure, la sensazione di una certa superficialità non mi abbandona, questa romanità così preponderante mi rende difficile un processo di universalizzazione dei contenuti, una percezione di già visto finisce per starmi un po' stretto.
Sarà che preferisco il Verdone di Maledetto il giorno che t'ho incontrato o di Compagni di scuola, quello più malinconico e amaro, meno allineato ai dettami della commedia all'italiana, ma alla fine esco dal cinema sì col cuore leggero, ma senza grandi entusiasmi.
Voto: 2,5/5
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