L'avevo visto un paio di anni fa a teatro, interpretato quasi dalle stesse attrici.
Non molto è cambiato in questa trasposizione cinematografica se non la maggiore accuratezza dei particolari (vestiti, arredamento, accessori, musiche).
Non so dire se il cinema renda più o meno giustizia del teatro a questo testo che comunque non ha il tono aulico che spesso caratterizza le opere teatrali, bensì piuttosto uno stile televisivo e quasi divulgativo.
Resta la sensazione che le donne della generazione anni '50 primeggino nel confronto con le loro figlie degli anni '90, perché pur nella tragicità ed infelicità delle loro storie e delle loro condizioni personali conservano un'ironia che manca quasi completamente alle loro figlie.
È un film perfettamente in stile 8 marzo, perché intende proporre una riflessione sulla figura femminile e sul cambiamento nel tempo del ruolo della donna. Certo, lo fa in modo un po' didascalico e schematico, cosicché ne emerge una donna perennemente insoddisfatta le cui nevrosi e infelicità ruotano intorno alla presenza/assenza di un uomo, dei figli, del lavoro.
Forse è un po' vero, forse però è un po' poco.
Usciamo dal cinema pensando a quanto sia difficile individuare il giusto equilibrio tra le varie componenti della nostra vita e questo era vero per la generazione che ci ha preceduto e anche per la nostra. Ma forse non serviva Cristina Comencini per saperlo né per spingerci a una riflessione.
Insomma, il tutto mi è sembrato gradevole e non stupido, ma nemmeno tanto profondo.
Brave le nostre attrici con una menzione particolare per Paola Cortellesi, sempre troppo poco sfruttata dal nostro cinema. Ricordiamo anche le altre interpreti: Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi, Valeria Milillo, Claudia Pandolfi, Alba Rohrwacher, Carolina Crescentini.
Voto: 2,5/5
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