Nel nuovo film di Giuseppe Piccioni tornano alcune delle soluzioni cinematografiche care al regista e già presenti – in forme diverse – nei suoi film precedenti, in particolare Luce dei miei occhi e La vita che vorrei: gli inserti onirici, la storia nella storia, le vite parallele.
Anche la sensazione che si prova all’uscita dalla sala è molto simile: un gelo interiore, un non risolto, una compressione dei sentimenti.
Guido (Valerio Mastandrea) è uno scrittore che non sa perché scrive, un uomo senza qualità, un cuore in inverno come molti dei personaggi maschili di Piccioni.
Giulia (Valeria Golino) è una donna fragile, infantile, incapace di gestire i sentimenti.
I due si incontrano, ma… quest’incontro non cambia le loro vite, forse semplicemente ne accelera l’inevitabile percorso.
Intorno un mondo di adulti e di bambini e adolescenti spettatori e protagonisti di vite e di storie finite in una via senza uscita.
Bello il dialogo tra Guido e sua figlia, durante il quale Sonia chiede al padre se quello che le ha detto il suo fidanzatino Filippo in merito al suo libro è vero: cioè che diventare adulti significa perdere l’energia propulsiva, rovinare tutto, praticamente andare a male.
Ma nell'universo di Piccioni ci sono bambini e adolescenti i cui orizzonti sono già chiusi, che sono più adulti degli adulti, e ci sono adulti che non hanno mai superato la loro adolescenza e che proprio per questo sono dei disadattati e degli sconfitti in un mondo in cui la maggioranza degli adulti ha accettato la strada della privazione di senso, della perdita di entusiasmo, del soffocamento dei sentimenti, della viltà e dell’incapacità di cambiare.
Ci sono molti temi nel nuovo film di Piccioni, forse troppi…
Non mi ha convinto la struttura narrativa, con i racconti che Guido sta scrivendo a fare da fil rouge insistito e didascalico alla storia; non mi ha convinto la cornice che disegna criticamente l’ambiente della scrittura e dei premi letterari ma senza approfondirlo.
Bello invece l’accompagnamento musicale: perfetti i Baustelle a sottolineare quel sentimento gelido-nostalgico che tutto il film trasmette; azzeccate le citazioni esplicite di Endrigo e Aznavour, testimoni di un mondo di sentimenti più definiti, ma non per questo meno dolorosi.
Bravi Mastandrea – capace come sempre di strappare un sorriso senza rendere meno grigio e tragico il suo eroe – e la Golino, dolente bambina sopraffatta dai sentimenti.
I film di Piccioni spesso non piacciono ai critici perché non sono risolti, ma come potrebbero esserlo se irrisolto è il mondo che rappresentano?
Voto: 3/5
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