Quando muori resta a me / Zerocalcare; con i toni di grigio di Alberto Madrigal. Milano: Bao Publishing, 2024.
Ed eccomi alla lettura dell'ultimo albo di Zerocalcare, quello che tante preoccupazioni aveva suscitato nella personalità nevrotica di Michele Rech convinto che il suo tempo stia passando o sia addirittura passato (se volete farvene un'idea ascoltate il podcast del Post in cui Luca Sofri lo intervista).
Quando muori resta a me appartiene al filone sicuramente più ricco della produzione di Zerocalcare, ossia quello delle storie personali e familiari, che talvolta incrociano storie più ampie ma fondamentalmente appartengono all'universo affettivo di Zero.
La vera novità rispetto agli albi precedenti è il fatto che al centro di questo racconto per la prima volta c'è la figura del padre di Zerocalcare e della famiglia di lui. L'occasione per indagare nel complesso rapporto tra Zero e suo padre è data da un viaggio che i due fanno insieme in un paesino delle Dolomiti dove c'è una piccola casa di famiglia, ereditata dal padre, e a cui è legata una storia che risale ai tempi della prima guerra mondiale, ma che c'entra anche con vicende che invece appartengono al periodo compreso tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta e che vedono coinvolta una donna misteriosa con un occhio bendato.
Come sempre, Zerocalcare è straordinario nel tenerci incollati alle pagine e alla storia, e in questo caso - oltre ad avere ritrovato le sue caratteristiche più tipiche, che si sostanziano in alcune uscite geniali e divertenti, nonché in alcune riflessioni per nulla scontate - ho apprezzato l'affinamento dell'impianto narrativo (forse anche grazie all'esperienza nella realizzazione della serie TV) che produce un'aspettativa e una suspence crescente nel corso della lettura.
Io l'ho divorato in qualche ora di ozio sul divano, in una situazione che con qualunque altra lettura sarebbe probabilmente finita in una 'pennica' pomeridiana. E invece Zerocalcare mi ha tenuto sveglissima fino all'ultima pagina.
Se un difetto devo trovare in questo nuovo albo è forse la sproporzione tra l'aspettativa suscitata dalle linee narrative del racconto e lo scioglimento finale che - anche forse inevitabilmente in quanto ha a che fare con la vita reale delle persone - è molto meno eclatante di quello che ci si potrebbe immaginare.
Alla fine si può dire che la forza di questo racconto sta nello svolgimento, e - come sempre - nelle chicche autoironiche, ironiche, riflessive, paranoiche, esilaranti, commoventi con cui Zerocalcare condisce qualunque narrazione, mettendo sempre davanti a tutto una pietas profonda verso qualunque essere umano, di cui si sforza sempre di comprendere fragilità e debolezze.
Voto: 3,5/5
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