Il nome di Martin Parr è comparso nel mio percorso fotografico più e più volte, ma è solo di recente - grazie al mio avvicinamento alla street photography - che ho cominciato a guardare al suo lavoro con maggiore attenzione.
Volevo già andare a Milano dove la mostra ha iniziato il suo tour italiano, ma non ce l'ho fatta, e dunque quando ho saputo che la mostra sarebbe stata visitabile a Bologna fino a gennaio non mi sono fatta sfuggire l'occasione in una delle mie puntate bolognesi.
Short & sweet è una mostra curata dallo stesso Parr - che tra l'altro ha anche girato un po' per la penisola per questa occasione - in cui lo spettatore ha la possibilità di percorrere la sua intera carriera, a partire dai primi progetti in bianco e nero degli anni Settanta fino ad arrivare ai lavori più recenti, come quelli nel settore del fashion.
La mostra si compone di 60 fotografie a cui si aggiungono le 250 che vanno a formare l'installazione Common sense, in cui le foto sono stampate su carta formato A3 con stampante a getto di inchiostro (cosa che produce colori ancora più saturi di quanto non siano normalmente le foto di Parr) e sono combinate a formare quattro pareti fotografiche. L'effetto è potente e permette di venire a contatto con alcune delle tematiche più tipiche della poetica di Parr: il kitsch, il consumismo, il capitalismo, l'ironia e molto altro.
Io però devo dire che ho apprezzato particolarmente la prima parte della mostra, quella delle foto degli anni Settanta in bianco e nero - che sono quelle che meno conoscevo - e poi l'intervista che viene proposta al visitatore a metà percorso, in cui - attraverso le domande dell'intervistatrice, la storica e critica della fotografia Roberta Valtorta - viene fuori la personalità semplice, ironica e autoironica di Martin Parr, e si ha inoltre la possibilità di capire meglio il suo approccio documentaristico e antropologico alla fotografia e al mondo. Parr dice che il suo interesse è sempre stato focalizzato sul modo in cui le persone trascorrono e occupano il tempo libero, perché secondo lui tanto dice della società quello che la gente sceglie o pensa di scegliere al di fuori dei doveri familiari e lavorativi.
È in questa ottica che va guardata e interpretata l'intera mostra che comprende anche una sezione dedicata agli aspetti più grotteschi del turismo di massa, un'altra alle foto scattate nelle spiagge inglesi ma anche nel resto del mondo durante l'intera carriera di Parr, un'altra dedicata al ballo, nonché le sue più recenti foto di moda (che Parr tratta sempre in modo originale e divertente). Da molti dei lavori esposti emerge il suo rapporto ambivalente con gli inglesi, il popolo a cui appartiene e di cui conosce le grandi virtù ma anche le tante caratteristiche oggetto della sua bonaria ironia.
Proprio sulle opere fotografiche focalizzate su Gran Bretagna e Irlanda si concentra anche il lavoro della Martin Parr Foundation di Bristol, che - come lui stesso ci dice nell'intervista - non ha solo lo scopo di preservare la sua collezione e la sua eredità fotografica, bensì anche di dare spazio al lavoro di altri fotografi più o meno conosciuti che, con i loro lavori, permettono di costruire un grande affresco per immagini della società inglese nel corso del tempo.
Vi consiglio di non perdere questa occasione.
Voto: 3,5/5
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