Limonov / Emmanuel Carrère; trad. di Francesco Bergamasco. Milano: Adelphi, 2012.
E niente. Sono finita nelle maglie di Carrère e non so quando e se riuscirò a uscirne! ;-)
Dopo aver letto con grande soddisfazione V13, gironzolavo attorno a Limonov da un po' e non mi decidevo a iniziarlo, preoccupata di rimanerne delusa. E invece quando poi ho iniziato l'ho praticamente divorato, entusiasmandomi come ormai mi capita davvero molto raramente.
Il merito è sicuramente della figura incredibile del protagonista, Eduard Savenko, che a un certo punto cambia il suo cognome in Limonov, originario di un paesino russo, cresciuto a Kharkiv, un paese della provincia ucraina facente parte dell'allora URSS, e determinato fin dall'adolescenza a sfuggire alla mediocrità e alla noia del luogo dal quale proviene e al destino da operaio in fabbrica.
Eduard vuole lasciare il segno: vuole essere riconosciuto per la sua arte (prima scrive poesie, poi quando si trasferisce in America comincia a scrivere romanzi autobiografici), ma soprattutto vuole che la sua arte vada di pari passo con una vita vissuta sempre affrontando il rischio e il nuovo.
Limonov, dopo la giovinezza negli ambienti artistici underground russi e la storia con Anna, viene esiliato in America dove si innamora di Elena e vive in povertà senza riuscire a farsi pubblicare e infine abbandonato anche dalla donna amata. Dopo una discesa negli abissi, Eduard riparte dalla casa del ricco Stephen dove si ritrova, per una serie di circostanze, a fare il maggiordomo. Finalmente i suoi libri incontrano l'interesse di un editore francese e vengono pubblicati in Francia riscuotendo un grande successo. Inizia così la vita parigina che terminerà quando, con il crollo dell'URSS, Limonov decide di tornare in Russia. Il suo attivismo politico si fa sempre più intenso e difficile da catalogare: non manca il fiancheggiamento dei serbi nella guerra civile yugoslava, l'esperienza in Uzbekistan, la fondazione del partito nazionalbolscevico, la prigionia, e gli ultimi - ancora più confusi - anni dell'ascesa putiniana rispetto a cui Limonov ha una posizione che rispecchia alcune sue ambigue linee ideologiche già sostenute in passato.
Un personaggio come Limonov è praticamente impossibile da classificare e anche da giudicare: un artista, un pazzo, un eroe, un invasato, un genio. O forse tutto questo insieme e mescolato.
Certo è che, grazie alla sua storia personale, si attraversa un pezzo importante della storia e della letteratura (ma anche l'arte) novecentesca e soprattutto, più o meno direttamente, delle vicende che la parte orientale del territorio europeo.
La complessità del pensiero di Limonov e il suo non essere mai allineato e sempre controcorrente, ma in fondo coerente con un pensiero di fondo, per quanto a volte ottuso, ci aiuta a vedere - da un punto di vista diverso e certamente meno scontato - parti di storia che conosciamo solo attraverso la narrazione occidentale. E a mettere in dubbio alcune convinzioni ideologiche a volte acritiche o a senso unico, cosa che lo stesso Carrère fa a più riprese.
E fin qui il personaggio, di cui ovviamente si potrebbe dire molto altro, perché è stato incredibilmente al centro di una rete di relazioni e di una serie di vicende che rendono la sua vita una vera e propria lente attraverso cui guardare non solo a lui ma a un mondo e a una realtà ben più ampie.
Poi c'è Carrère. E chi non vorrebbe un biografo come lui? Perché sì, la vita di Limonov è eccezionale di per sé, ma la narrazione di Carrère la rende straordinaria, utilizzando non solo interviste e fatti storici, ma anche le opere dello stesso Limonov. È vero che Carrère non perde occasione per aprire digressioni personali e di fatto parlare di sé attraverso il suo protagonista (ricordiamo che la madre di Carrère è di origine russa e lo stesso scrittore francese ha spesso frequentato l'ambiente russo), ma - a parte quando si lascia andare alle proprie memorie - l'autore consente a Limonov di occupare tutta la scena, tra l'altro sfuggendo al rischio - inevitabile con un tale personaggio - di farne un eroe ovvero un pazzo, bensì restituendone la complessità e stratificazione, nonché l'ambiguità, che però in molti casi è riflesso dell'ambiguità di una storia molto meno lineare di quello che vogliamo e ci vogliono far credere.
Si arriva all'ultima pagina quasi sfiniti ma anche gioiosi per aver partecipato a un racconto così incredibile che davvero ci mette sotto gli occhi il potere sovrumano della letteratura.
Quasi stento a credere che Limonov sia morto a 77 anni, di malattia, dopo cotanta vita, e forse lui stesso non sarà stato contento di aver avuto una morte così banale a dispetto di una vita così poco regolare.
Non posso esimermi a questo punto dal leggere L'avversario, il libro che ha reso famoso Carrère.
Voto: 4,5/5
Spero di riuscire a vedere presto il film che ne è stato tratto: purtroppo quando è uscito ero a Venezia ed è rimasto in sala un battito di ciglia. Sono molto curioso.
RispondiEliminaIl film l'ho visto e ne parlerò a breve. Ma ti anticipo che non mi è piaciuto. Si vede che è stato molto travagliato e non condivido alcune scelte.
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