Quando ho saputo che il tour estivo dei National prevedeva una tappa romana mi sono immediatamente fiondata a comprare i biglietti, perché da tanto aspettavo la possibilità di ascoltarli dal vivo e di poter sentire cantare il loro leader Matt Berninger.
Certo, la location della cavea non mi rendeva particolarmente felice – per le note questioni dell’impossibilità di portare all’interno la mia macchina fotografica, un’acustica secondo me non ottimale e un clima complessivo che non mi entusiasma (vedi mia recensione sul concerto degli Smile).
Però mi sono turata il naso, ho speso i miei quasi 70 euro e ho preso degli ottimi posti nella tribuna centrale.
La serata del concerto è una bella serata di primavera inoltrata, in cui a un certo punto bisogna anche indossare la giacchetta per non sentire freddo.
I National arrivano sul palco con un ritardo non maggiore di 15 minuti, e cominciano subito a suonare sfoderando la potenza musicale del loro allestimento sul palco.
Matt Berninger affronta il palco con un atteggiamento quasi clownesco, che non so se gli appartiene, sinceramente io non me lo aspettavo. Non sta fermo un attimo, fa cadere continuamente l’asta del microfono, va a destra e a sinistra del palco trascinandosi dietro il filo del suo microfono, scende talvolta nella prima fila del parterre per recuperare cartelli o stabilire un contatto con il pubblico.
Ma tutto questo sarebbe anche secondario se non fosse che, nonostante la mia posizione molto centrale, io non riesco ad apprezzare appieno le esecuzioni musicali, né quelle degli strumenti che solo raramente riesco davvero a cogliere nel loro specifico contributo, né quella del cantato che pur avvalendosi della straordinaria voce di Matt Berninger non riesce ad emozionarmi e a tratti mi sembra quasi urlata.
La scelta della scaletta, fors’anche adeguata al contesto della cavea che certo non si presta a concerti a carattere intimistico, è quasi tutta virata sulla produzione musicalmente più dirompente e rock della band americana, e molto meno sui toni notturni e malinconici che io personalmente preferisco e che mi avevano fatto amare particolarmente il disco solista di Berninger.
Va detto che non sono una fan sfegatata dei National (come non lo sono di praticamente alcuna band o cantante) e dunque non sono tra quelli che possono unirsi a Berninger nei ritornelli e partecipare al maestoso singalong della canzone di chiusura del bis Vanderlyle Crybaby Geeks. E forse questo mi fa godere di meno di questo tipo di spettacoli. O forse semplicemente mi sono talmente abituata ai concerti in contesti più raccolti e di dimensioni più piccole, dove riesco ad apprezzare musicalmente anche cantanti e band che non conosco grazie alla possibilità di goderne musicalmente, che ormai con questo tipo di spettacolo non riesco a entrare in sintonia e non riesco davvero a emozionarmi.
Peccato, ma spero di ricordarmene la prossima volta che un cantante o una band che voglio ascoltare dal vivo dovessero scegliere la cavea dell’auditorium come location della loro puntata romana (quantomeno spero di ricordarmi di prendere i posti nel parterre che forse fanno sentire di più l'atmosfera vera del concerto).
Voto: 3/5
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