In un primo maggio romano piovosissimo decido di andare al cinema più vicino a casa dove danno in versione originale l'ultimo film di Luca Guadagnino, che in realtà non ero convinta di voler andare a vedere, ma che sono contenta di aver visto anche solo per continuare a seguire il percorso del regista.
Personalmente - visto che non sono una che guarda granché le serie - ero rimasta a Bones and all, film che avevo apprezzato per l'originalità e anche per la diversità con le altre cose fatte da Guadagnino.
Dopo la visione di Challengers, confermo che forse il tratto più interessante del regista - almeno dal mio punto di vista - sta proprio nel mantenere abbastanza riconoscibile la sua poetica, ma realizzando film molto diversi l'uno dall'altro. Tanta acqua è passata sotto i ponti dai tempi di Io sono l'amore, ma in realtà siamo anche molto lontani sul piano visivo dall'ultimo Bones and all (tanto era "sporco" e "ai margini" quello quanto quest'ultimo è incentrato su bellezza e ricchezza).
Protagonisti di Challengers sono Tisha (Zendaya, che io non riesco a trovare né particolarmente brava né simpatica), Art (Mike Faist) e Patrick (Josh O'Connor), ed è ambientato nel mondo del tennis, anzi a dire la verità si sviluppa nella durata di una partita di tennis, nonostante i numerosi flashback che si aprono nella narrazione e che portano avanti e indietro nel tempo lo spettatore, proprio come una pallina da tennis.
Art e Patrick sono amici da quando avevano 12 anni e frequentavano insieme l'accademia di tennis. A un torneo giovanile conoscono di persona Tisha Duncan, una promessa del tennis femminile, e ne sono ammaliati, innamorandosene entrambi. A distanza di molti anni, quando Tisha e Art sono ormai sposati da tempo, Tisha ha lasciato il tennis giocato a causa di un infortunio, e Art è diventato un professionista ad alti livelli, coccolato dagli sponsor insieme alla moglie allenatrice (il product placement nel film è ovunque), i tre si incontrano nuovamente - forse non per caso - a un torneo minore, un challenger appunto, dove i nodi non sciolti del passato torneranno a galla e si riverseranno sul campo da gioco.
Oltre alle numerose citazioni e ispirazioni al cinema del passato a cui ormai Guadagnino ci ha abituati, in Challengers il regista sceglie una confezione quasi da teen-movie e un girato molto contemporaneo, con le riprese in soggettiva non solo dei giocatori, ma anche della pallina, ovvero quelle dal basso che mostrano il giocatore come lo vedessimo da sotto la lastra di vetro su cui si muove, o ancora le numerosissime immagini sghembe, oltre all'uso esteso (e direi anche abuso) del ralenti.
Il tutto per raccontare, attraverso la tensione competitiva di una partita di tennis e i ribaltamenti di campo che la caratterizzano, la competizione e la tensione erotica e amorosa di un triangolo, i cui rapporti interni funzionano come un elastico che allontana e avvicina i vertici a seconda delle circostanze, rivelando di volta in volta sfaccettature diverse dei personaggi. In realtà, alla fine i tre personaggi restano piuttosto monodimensionali (Tisha manipolatrice e ossessiva, Art un buono ai limiti del debole, Patrick uno sbruffone anche un po' stronzo), e questo fa sì che l'evoluzione narrativa sia piuttosto prevedibile fino al telefonatissimo finale. Pur all'interno di una dimensione molto contemporanea delle relazioni, in cui non si tace l'ambiguità del rapporto di amicizia tra Art e Patrick - nel quale si sprecano i richiami omosessuali, a volte espliciti altre volte impliciti - devo anche lamentare una visione un po' stereotipata dei rapporti sentimentali e del desiderio, che gioca sull'idea che il desiderio si alimenta sempre e solo per il tramite della competizione (e dunque del conflitto e della stronzaggine), mentre è antitetico all'amore e alla devozione. Che forse è pure vero, ma non ci aiuta a comprendere questa contraddizione.
Il cinema era pieno di ragazzini e persone molto giovani (attirate forse da Zendaya? Anche se c'entra sicuramente il cinema di quartiere in cui ho visto il film), ma la cosa - rispetto all'idea che io, forse ormai erroneamente, ho del cinema di Guadagnino - mi ha fatto specie e mi ha suscitato vari interrogativi.
Vedremo dove andrà a parare Guadagnino nel prossimo futuro.
Voto: 3/5
Vediamo se ricordo cosa avevo scritto... :)
RispondiEliminaIn sostanza un film deludente, che non sembra nemmeno di Guadagnino tanto è anonimo e piatto. Le sequenze di tennis sono del tutto irrealistiche, la trama è banalissima, la componente erotica/sessuale risibile (Zendaya è vestita anche quando fa l'amore) , la colonna sonora opprimente e sempre uguale copre ogni volta i dialoghi (e forse è anche meglio...). Boh, per me un flop totale.
Capisco. Io non lo considero un flop totale ma come vedi dal mio voto lo ritengo un film medio ma non all'altezza di altri di Guadagnino. Un film molto teen come scrivo in cui però io riconosco alcuni tratti tipici del regista sia a livello visivo che di contenuti.
Elimina