Isabella Ragonese è attrice che apprezzo molto e di cui negli ultimi anni sto seguendo la bella carriera teatrale. È per questo che non ho avuto dubbi nell'acquistare il biglietto per Clitennestra all'Argentina, pur non sapendo molto dello spettacolo se non che la regia è di Roberto Andò e più o meno qual è la storia di Clitennestra.
Scopro dunque solo arrivando all'Argentina che lo spettacolo è il risultato dell'adattamento per il teatro di un romanzo dello scrittore irlandese Colm Tóibín, La casa dei nomi, in cui - ispirandosi alle tragedie greche di Eschilo, Sofocle ed Euripide - l'autore rilegge le storie di Clitennestra, Agamennone e dei loro figli Ifigenia, Elettra e Oreste, in una chiave squisitamente umana (in cui gli dei sono praticamente assenti) nell'intento di analizzare temi universali e senza tempo, come il male, la violenza, il dolore, la vendetta. Tóibín - come emerge dal libretto di presentazione dello spettacolo - cerca nel passato e nella tragedia greca risposte alla violenza che attraversa tutta la storia umana, e che si manifesta continuamente attraverso le numerose guerre che infuriano in varie parti del mondo.
Su questa materia già complessa ci mette le mani Andò (che avevo già visto a teatro alle prese con l'adattamento del romanzo Ferito a morte di Raffaele La Capria), e sceglie di collocare questa storia in un'ambientazione senza tempo, che ha tratti che mi sento di definire post-apocalittici (o forse da seconda guerra mondiale).
Come già in Ferito a morte, Andò sceglie di strutturare la scenografia in due piani sovrapposti, in cui ricostruire scene diverse dove a volte si svolgono azioni in contemporanea, ovvero in alcuni casi ad un piano qualcuno racconta qualcosa che vediamo avvenire sull'altro piano.
Visivamente - come già era stato per Ferito a morte - lo spettacolo è molto bello: scenografia, luci, coreografie, suoni. Lamento però una scelta di enfatizzazione che mi risulta alla fine faticosa e soprattutto che non agevola l'empatia con i personaggi.
Tutto negli spettacoli di Andò è un tantino carico, e alla lunga questa cosa risulta stancante.
La Ragonese è brava e, secondo me, sta a un livello decisamente superiore agli altri, numerosi attori che si muovono sulla scena.
Però alla fine, personalmente non sono riuscita a entrare nel mood e a sentire la storia come potenzialmente "mia"; mi è rimasta estranea e, nonostante le numerose scelte registiche a effetto, sono uscita dallo spettacolo senza portarmi dietro molto.
Se tutto questo dipenda dal testo di Tóibín, dalla regia di Andò o dalla recitazione degli attori, o semplicemente da me non saprei dirlo, ma è andata così.
Voto: 2,5/5
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!