John Grant per me è sempre un appuntamento da non perdere. Anni fa per sentirlo e vederlo cantare (non solo lui a dire la verità!) ero andata fino a Londra all'All Points Festival, ma lì si era in un grande parco e Grant si esibiva su un palco dove era allestita una significativa scenografia e lui stesso avevo scelto la performance istrionica. Mi era piaciuto anche allora, ma certo al Monk già pregustavo quell'atmosfera intima che caratterizza i concerti che si tengono in questa location.
D'altra, parte, dal momento che l'ultimo album di John Grant, Boy from Michigan, risale ormai al 2021, era difficile prevedere come il musicista americano - ma ormai quasi trapiantato in Islanda - avrebbe impostato questo concerto. Certo, a me personalmente piace di più il John Grant delle ballate e delle melodie che quello dell'elettronica, ma ero preparata a qualunque cosa e contenta del solo fatto di poterlo vedere dal vivo e così da vicino. Ero infatti in prima fila e ho potuto ammirare questo omone con le mani grandi e la barbona, che nella sua musica come nel suo modo di porsi oscilla tra un'estrema delicatezza e l'energia di un panzer.
Quando però Grant canta la prima canzone, TC and the honeybear, capisco che questa sera ci sta per fare un bellissimo regalo, proponendoci un concerto che alla fine si configurerà come una specie di "best of" della sua discografia, tra l'altro con un arrangiamento intimo e potente al contempo, che vede protagonisti lui stesso (alle tastiere e al synthetizer) e il bravissimo musicista (e seconda voce) Chris Pemberton (anche lui alle tastiere e al synthetizer, alternativamente rispetto a Grant).
Il concerto inizia puntualissimo, alle 21.45, e la scaletta attraversa tutta la discografia di Grant:
TC and honeybear, The cruise room, Where dreams go to die, Grey tickles, black pressure, Touch and go, Is he strange, Outer space, Zeitgeist (un inedito che sarà contenuto nel nuovo disco che ci dice in uscita a maggio: evviva!), Marz, Glacier, Queen of Denmark, Sigourney Weaver, Global warming, Drug, e poi nel bis reclamato dal pubblico Caramel e GMF.
L'atmosfera è di religioso ascolto per questo musicista la cui voce riempie l'aria e rapisce gli ascoltatori (tutti appassionati, moltissimi muovono le labbra cantando silenziosamente tutte le parole delle sue canzoni), ma Grant è anche un gran intrattenitore e durante il concerto, oltre a presentarci quasi ogni canzone, ci racconta aneddoti e scherza col pubblico, dicendoci ad esempio quali parole ed espressioni italiane ha imparato durante questo tour, oltre a non perdere occasione per fare dell'ironia sugli americani e sulla deriva conservatrice e fascista dell'America e del mondo.
Man mano che il concerto va avanti l'emozione dell'ascolto cresce, l'atmosfera si fa sempre più calda e il rapporto con John Grant sempre più intimo.
Quando Grant ci saluta, ce ne andiamo felici e soprattutto grati di aver partecipato a questo bellissimo concerto.
Voto: 4/5
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